venerdì 7 ottobre 2011

Nobel della letteratura: finalmente torna la poesia.

Finalmente torna la poesia in cima al premio internazionale più importante, il Nobel per la Letteratura.
Ammetto la mia ignoranza.
Non conosco nulla del poeta premiato, Tomas Transtomer, ma oggi, come forse tanti di voi, mi sono messo in cerca di qualche poesia e di qualche parola su di lui, lui che con le parole parla a tutti noi.
Tra tutte suggerisco la lettura del blog dell'amico Emilio dove potete conoscere anche Transtomer così.
All'annuncio del Premio Nobel 2011 per la letteratura al poeta svedese Tomas Transtromer, la prima reazione del lettore italiano (anche forte) non può che essere di sorpresa. Lo conoscono in pochi, la svedese non è certo una letteratura dominante (o meglio: non lo è la poesia; nel romanzo, anzi, nel bestseller la Svezia è in questi anni forse il paese più in evidenza d'Europa, da Stieg Larsson in giù) e persino i suoi pochi e devoti cultori hanno uno scoglio ulteriore: un poeta come Transtromer, la cui cifra stilistica è, in gran parte, quella del suono e della parola non può che perdere in traduzione, in qualsivoglia lingua.
Epperò vanno fatte alcune considerazioni su questo ennesimo "scherzo" che gli Accademici di Svezia tirano alla comunità letteraria internazionale. La prima: non è una sorpresa. Transtromer era da anni in lizza per il premio. Forse, anzi, tra i candidati era quello che aveva avuto negli ultimi decenni più volte la candidatura. Sempre "bruciato" da colleghi stranieri, più o meno famosi, più o meno bravi, mai profeta in patria. Però il suo nome circolava puntualmente: e in Svezia, probabilmente, il suo alloro arriva come un atto dovuto al poeta nazionale. Negli ultimi anni gli Immortali hanno spesso pescato in letterature diciamo così molto laterali, spesso mascherando con un premio letterario le (presunte) colpe occidentali verso nazioni e regimi politici messe in grande difficoltà da questa parte del mondo.
Così, premiare Transtromer è riconoscere una nuova centralità a una letteratura, quella scandinava, che in anni passati si era autopremiata col Nobel troppo e senza merito, per poi far scendere un velo di pudore su candidati magari noti in patria ma francamente meno interessanti dei loro colleghi sparsi per il mondo.

Ma c'è un'altra cosa che merita di essere segnalata di questo Nobel. La giuria svedese ha un compito difficile, forse impossibile e sicuramente sovraesposto da un punto di vista mediatico. Dare un premio, per carità prestigioso e importante come il Nobel, è anche, però, fare una classifica degli scrittori (almeno così spesso viene percepita la faccenda dal pubblico), cosa palesemente insensata.
Però, stavolta, se non altro, la giuria ha premiato con cognizione di causa. La letteratura (fino a quando non vincerà Bob Dylan e a quel punto sarà un'altra cosa) è un'attività che ha a che fare con la lingua. Se la letteratura arriva in Svezia in traduzione, e dunque si premiano autori in traduzione, stavolta viene premiato un autore "in originale": e chi meglio dei letterati svedesi può giudicare un letterato svedese?

Non a caso, infatti, Transtromer è un poeta. Uno, cioè, che nella lingua, nella parola trova la sua piena realizzazione. Infine il motivo ancora più qualificante di questa scelta. Questo vincitore non è un poeta politico. Non è esiliato, non contesta nessun regime, non denuncia un bel niente, non affronta l'attualità. Questo vincitore, insomma, è un poeta-poeta. Che fa dell'equilibrismo linguistico (così ci dicono i suoi esegeti) la sua cifra, che svela l'umano e il misterioso grazie alla potenza della parola, che scruta l'umano e l'eterno con l'occhio inamovibile del pensiero poetico.
Che segue, alla lunga, un maestro come TS Eliot nell'impervio e immortale territorio dell'azzardo linguistico, in cui il famoso "correlativo oggettivo" è un'emozione, una sensazione, una scoperta continua. E basti leggere l'accostamento di ossimori che rinnovano il nostro senso del reale, per dimostrarlo, come fa Transtromer in Poesia dal silenzio (Crocetti): "Una bevanda effervescente in bicchieri vuoti. Un altoparlante che diffonde silenzio. Un sentiero che ricresce ad ogni passo. Un libro che può essere letto solo al buio".
Insomma l'Accademia di Svezia ha scelto bene. E per una volta ha dato un Nobel per la letteratura, non per qualcos'altro

POESIE

Pagina di libro notturno
Sbarcai una notte di maggio
in un gelido chiaro di luna
dove erba e fiori erano grigi
ma il profumo verde.
Salii piano un pendìo
nella daltonica notte
mentre pietre bianche
segnalavano alla luna.
Uno spazio di tempo
lungo qualche minuto
largo cinquantotto anni.

E dietro di me
oltre le plumbee acque luccicanti
c’era l’altra costa
e i dominatori.
uomini con futuro
invece di volti.



Mistero per la strada
Si posò la luce del giorno sul viso di un uomo addormentato.
Gli giunse un sogno più vivido
Ma non si svegliò.
Si posò l’oscurità sul viso di un uomo in cammino
Tra la gente nei raggi di sole
Forti e impazienti.
D’un tratto si fece buio come per il temporale.
Io ero in una stanza che conteneva tutti gli istanti -
Un museo di farfalle.
Tuttavia il sole era forte come prima.
I suoi pennelli impazienti dipingevano il mondo.


Stazione

Un treno è entrato in stazione. È fermo, vagone dopo vagone,
Ma nessuna porta si apre, nessuno scende o sale.
Ci sono veramente delle porte? Là dentro un brulichio
Di uomini rinchiusi che vanno su e giù.
E scrutano dai finestrini immobili.
Fuori lungo il treno cammina un uomo con un martello.
Urta le ruote che debolmente risuonano. Tranne qui.
Qui il rumore aumenta incomprensibilmente: un fulmine,
Il rintocco dell’orologio della cattedrale,
Il rumore della circumnavigazione del globo
Che solleva tutto il treno e le pietre umide dei dintorni.
Tutto canta. Ve lo ricorderete. Andate avanti.


Motivo medievale
Sotto le nostre espressioni stupefatte
C’è sempre il cranio, il vuoto impenetrabile. Mentre
Il sole lento ruota nel cielo.

…………………………………….La partita a scacchi prosegue.

Un rumore di forbici da parrucchiere nei cespugli.
Il sole ruota lento nel cielo.
La partita a scacchi si interrompe sul pari.

…………………………………….Nel silenzio di un arcobaleno.


Marzo ’79
Stanco di tutto ciò che viene dalle parole, parole non linguaggio,
Mi recai sull’isola innevata.
Non ha parole la natura selvaggia.
Le sue pagine non scritte si estendono in ogni direzione.
Mi imbatto nelle orme di un cerbiatto.
Linguaggio non parole.


I ricordi mi vedono
Una mattina di giugno in cui era troppo presto
Per svegliarmi ma troppo tardi per riprendere sonno,
Devo uscire nel verde che è colmo
Di ricordi, e mi seguono con lo sguardo.
Non si vedono, si fondono completamente
Al paesaggio, perfetti camaleonti.
Sono così vicini che li sento respirare
Benché il canto degli uccelli dia stupore.

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