Caro Natanaele,
ti ho visto per la prima volta questa sera, in fotografia, ma non per colpa della distanza che è tanta ma perché sono solo sei mesi che vivi dentro la mamma e ti possiamo vedere solo così.
Che emozione, comunque, che può donarci oggi la tecnologia: vederti a colori, in tre dimensioni. Ci mancano solo i vestitini, eppure sapere che sei dentro la cupola che ancora ti protegge e dentro la quale stai crescendo di giorno in giorno.
Ti vorreio raccontare, Natanaele, della faccia di quel medico che aveva detto alla mamma che non avrebbe avuto più bambini, e che tanto ne aveva già tre quindi… perché lamentarsi?
Vorrei raccontarti della faccia di tua mamma nel sentire queste orribili parole, e credimi, per quel che la conosco, è stato solo perché era in fase post operatoria altrimenti, ne sono sicuro, quel medico avrebbe imparato a volare, giù dalla finestra dell’ospedale.
Ti vorrei raccontare della ecografista, che dopo mesi di dolore, visitava la mamma dicendole di non lamentarsi non vedendo, distratta da altre cose, quello che succedeva in lei e che l’ha portata ad essere operata d’urgenza, ad essere privata di una tuba, a soffrire.
L’albero sano viene potato perché porti altri frutti
Potrei raccontarti tutto questo, Natanaele ma non riesco a farlo perché i miei occhi sono fissi sulla tua immagine fissa eppure mi parla così tanto di vita, di una vita che ha voluto fortemente esserci, che si è infilata nell’unica tuba disponibile ed ora è qui a cantare vittoria.
E sei tu che parli a me di tua madre che ti porta a spasso orgogliosa con la sua santità tipica di ogni mamma, sorridendo a chi le chiede “ma è il quarto figlio, lo volevate”, dispensando gioia a tutti ed il senso di vittoria che ogni vita porta con sé.
E sei tu che ci sei e che un giorno passerai davanti a quell’ospedale, con papà, mamma, Giulia, Nazareno e Nicolò…. E non avrai neanche voglia di fermarti perché la vita va sempre avanti, trionfa sempre, e tu sei già qui a dimostrarcelo.
Lo zio felice Giorgio