Gli amici di Genova mi invitano a
parlare di Eutanasia, tema a me molto caro, sia agli insegnanti di religione
della città ligure, sia al gruppo giovani che sta crescendo incredibilmente
bene.
Adoro parlare di questo tema anche se, nelle mie
conferenze, parlo più che altro di morte: la bellezza della morte, la sacralità
della morte, la inevitabilità della morte. Mi faccio aiutare da alcuni brani
rubati alla letteratura italiana: di Mario Biondi leggo la Morte del Poeta; di
Giovanni Papini il capitolo XI del Libro su La Morte; dal Manzoni il brano
della madre di Cecilia contenuto ne I Promessi Sposi. Ai nostri classici chiedo
aiuto a Seneca al capitolo XI del De Tranquillitate Animi: vivrà male chi non
saprà morire bene. Questa frase la leggo e la rileggo sempre e mi tormenta
ormai da anni. Vi lascio questo tormento. Poi arrivo al tema dell’eutanasia
facendo aiutare da Giorgio Ruffilli in La morte e l’Aids; da Elizabeth Kubler
Ross (La morte è di vitale importanza) ed infine da Marie de Hennezel con “La
morte amica”.
Dopo questa bibliografia, che
volutamente vi ho voluto donare per la vostra lettura serale, parlo di cure
palliative e della richiesta di eutanasia che arriva da noi, sani, che abbiamo
oggi paura della malattia, della sofferenza e della morte.
Che non sia una richiesta che
proviene dai malati terminale lo dimostrano i dati dell’Istituto dei Tumori di
Milano pubblicati il 18 aprile 2001: su 900 malati di tumore uno solo ha
richiesto l’eutanasia ed anche lui, riportano i quotidiani, una volta curato
bene (con amore e cure palliative) ha rinunciato a morire ma ha scelto di
essere accompagnato alla morte.
Non si può parlare di aborto se
prima non parliamo della Meraviglia della vita umana.
Non si può parlare di eutanasia
se prima non parliamo del rispetto della vita morente e della morte.
Questo mio approccio lascia tutti
molto sorpresi ma anche, devo ammetterlo, affascinati.
Una professoressa prende la
parola dopo la mia “lezione sulla morte”, come l’ha chiamata lei e mi dice: “Io
ho avuto una madre malata terminale. Dovevamo farle tutto. Lavarla, alzarla,
darle da mangiare. Era in ospedale. Ma ci siamo consultati con le sorelle e
l’abbiamo presa in casa e curata noi. Mi creda, sono stati i nove mesi più
belli della nostra vita”.
Questa testimonianza da sola
varrebbe un’ora delle mie chiacchiere.
Mi limito a ringraziare la
professoressa ed a farle notare la strana coincidenza, ovvero i 9 mesi che ci
vogliono, in teoria, per partorire ed i suoi nove mesi.
L’aborto e l’eutanasia sono il
rovescio della stessa medaglia, cosippure la vita e la morte sono il rovescio
dello stesso bellissimo e sacro mistero.
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