domenica 14 agosto 2011

Ma chi se non noi? di Gabriella Sartori da Avvenire

L'impegno presente e i doveri incombenti dei cattolici italiani
Ma chi se non noi?  Fresca, fin troppo, quest’anno l’estate sulle Dolomiti. Di notte nevica sulle cime, di giorno si corre a comperarsi felpe e maglioni. Forte è la tentazione di rintanarsi al coperto in attesa di notizie rasserenanti. Guai, però, a cercarle nelle sale più famose di Cortina, ben riscaldate, sì, ma dove i massimi esperti nazionali ti dipingono il quadro più nero che si possa immaginare dell’economia, della politica, della cultura. Insomma: si sta meglio fuori.
Alla fine, però, le buone notizie ti vengono incontro senza che tu le abbia cercate. Basta spostarsi di qualche chilometro, in una delle valli meno famose, affollate di campeggi e case alpine dove va in vacanza il popolo cattolico dei movimenti, delle parrocchie, delle associazioni. Qui, prendendo l’autobus per andare in paese, lo trovi quasi sempre affollatissimo: un giorno ci trovi sessanta adolescenti di una parrocchia milanese, un altro vi si pigiano ottanta coetanei emiliani, il terzo giorno brulica di giovanotti e signorine di qualche altro angolo dell’Italia cattolica di cui nessun telegiornale parla mai. Tutti vocianti e allegri, in marcia di avvicinamento verso una delle tante gite programmate sulle cime, tutti affardellati di zaini e impermeabili, tutti accompagnati dai loro animatori, ragazzi e ragazze con pochi anni più di loro.
Più qualche prete: preti, si sa, ce ne sono pochi, in cambio di giovani laici disposti a dedicare le loro vacanze a questo preziosissimo volontariato ce ne sono molti di più. Se poi vai a salutare gli amici delle "case" vicine a quella della tua parrocchia, può capitare di trovare sedute a tavola, in una domenica di visita, fino a quattrocentosessanta persone. Un’Italia stupenda, giovane e giovanissima, un’Italia estremamente sobria nei consumi ,anche vacanzieri, un’Italia del volontariato generoso che si assume il gravoso compito di educare i giovani anche nel tempo libero, insegnando loro ad amare la natura, a stare insieme nel rispetto reciproco, a fare le cose per passione, non per soldi, anche se, a volte, può costare un po’ di fatica. È l’Italia che insegna ai suoi giovani a dare un senso all’esistenza, non a parole, ma con i fatti.
Quale altro partito, associazione, istituzione nazionale ,nel nostro Paese, fa altrettanto? A chi altro, se non al mondo cattolico, il Paese è debitore di questo enorme "fatturato" sociale e morale totalmente regalato all’intera nazione in nome di valori fondati sul "bene comune"? Quando, da parte di certi " laici", ci si lamenta dell’eccessivo "potere" che, in Italia, avrebbe il mondo cattolico (che si oppone alle leggi sul "matrimonio" fra omosessuali, che tutela la vita anche se debole, che faticosamente dà notizia delle stragi per fame dimenticate da tutti gli altri), ci si dovrebbe almeno domandare da dove e come nasca questo "potere".
Che viene da una fiducia profonda che gli italiani hanno, a ragion veduta, per il "mondo cattolico", dato che a nessun altro mondo affidano in così gran numero l’educazione e il tempo libero dei loro figli. Se anche questi personaggi, questi "esperti" che fanno sempre opinione senza mai staccarsi dalla loro sedia (e dai loro pregiudizi) ,si dessero la pena di fare un giro per parrocchie e associazioni, d’inverno e anche d’estate, forse si renderebbero conto che tale "potere" deriva non da quanto "riceve" dall’Italia il mondo cattolico, ma da quanto gratuitamente all’Italia dà.
Piuttosto, la domanda da farsi è tutt’altra: come mai i cattolici che tanto danno al Paese, hanno oggi un peso così poco rilevante sul piano della politica, della cultura, dei mass media? Anche le recenti vicende dell’Umbria dove la posizione dei cattolici a proposito di distribuzione di pillole abortive è stata del tutto ignorata dai vertici del Pd, confermano la scarsa considerazione, che i cattolici hanno all’interno dei partiti in cui militano. Il problema, stavolta, sta all’interno del nostro mondo: attivissimi nel sociale e nel prepolitico, come notava il professor Ornaghi a fine luglio su queste pagine, abbiamo il dovere di tornare a incidere anche in politica, a far valere quello che possiamo dare all’Italia. Prima di tutto perché l’Italia ne ha bisogno e poi perché chi altro lo può dare se non noi?

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