lunedì 28 dicembre 2009

E' un Natale diverso

E' un natale diverso
questo
forse perche c'é la neve
sotto il nostro passo
e le orme di oggi
si sovrappongono
a quelle dei mie trenta anni
a Milano
E ricercano la coppia
con quelle di Mauro e Massimo.
E' un natale diverso
questo
il primo senza babbo
o il primo con babbo
dipendi dai giorni
dall'umore
da quanto il cuore
in quegli attimi
é toccato dalla grazia.
E' un natale diverso
questo
lo sapevamo
ma dobbiamo andare avanti
per rispetto di noi vivi
dei nostri figli
di quelli che verranno
e di quelli che
inconsapevoli
già crescono dentro di noi.
E' un natale diverso
ma é sempre natale
col bambinello
al centro del Presepe e della nostra vita
senza di Lui
é uno smorto paesaggio
con qualche lume
con Lui
é sempre diverso
tutto meravigliosamente diverso.

Giorgio

martedì 10 novembre 2009

Venti di libertà: grazie Giovanni Paolo II



Venti anni fa fu abbattuto il muro di
Berlino.
Picconate, calci, martellate... e ragazzi giovani e donne di ogni
età che accorrevano per il primo abbraccio.
Noi, lontani, a vivere tutto in
televisione. Quanti ricordi abbiamo e come eravamo consapevoli di essere anche
noi parte di quelle righe che saranno scritte per sempre nella Storia.
www.cavroma.org

Ma
come mai nessuno oggi ricorda il ruolo fondamentale svolto da Giovanni Paolo II
che, in primis, ha aiutato ad abbattere il muro culturale, politico e sociale
che divideva la nostra Europa?

Prima del muro di pietra fu il Papa a
preparare la strada a tutto questo e ad andare oltre quel muro e non solo quel
muro.

Grazie Giovanni Paolo II il vero uomo della libertà, della
riconciliazione, della riunificazione e della verità.

martedì 3 novembre 2009

Il ricordo di Alda Merini - Avvenire

3 Novembre 2009
IL RICORDO
«È morta con padre Pio»
Se n’è andata da vera artista, con un colpo di scena. Convocando al suo capezzale – come quando chiamava gli amici nella sua casa sui Navigli e li riceveva a letto – l’ultima per­sona che ha voluto conoscere in vita, un frate cappuccino. Lo ha scelto oculatamente e ocu­latamente lo ha convocato. «Non ci eravamo mai incontrati – racconta adesso padre Gian­luigi Pasquale, frate a Venezia, docente di Teo­logia fondamentale alla Lateranense di Roma –, ma in agosto lei chiese di conoscermi, dopo aver letto i miei volumi su Padre Pio: aveva scrit­to un libro di poesie sul santo e voleva la mia prefazione. Io ero molto impegnato e dovetti ri­mandare l’invito, ma Alda Merini mi rispose si- cura: 'Lei verrà certamente da me'. Poi più nul­la fino al 28 ottobre...».
È quel giorno, infatti, che padre Pasquale rice­ve una chiamata da Giuliano Grittini, fotografo personale e amico della poetessa: «La Merini la vuole assolutamente vedere il primo novembre, giorno di Ognissanti». Un appuntamento pre­ciso, di fronte al quale il frate, spesso in viaggio tra Italia ed estero e poco incline a improvvisa­zioni, 'sente' di non potersi sottrarre: «Ho im­mediatamente fatto il biglietto elettronico del treno. Non mi riconoscevo neppure io». Quando arriva a Milano sono le 10 del mattino del primo novembre, l’ultimo giorno che Alda Merini trascorrerà su questa terra, ma lui non lo sa. In realtà non sa nemmeno che la poetes­sa sta male ed è ricoverata. «Credevo di anda­re a casa sua, invece Grillini mi porta all’ospe­dale San Paolo», racconta ancora profonda­mente commosso. Entrato nella camera della Merini, che appare serena, è colpito subito dal gran numero di oggetti religiosi che la circon­dano, dalle bruciature di sigaretta un po’ o­vunque, e dalla richiesta che la Merini fa all’in­fermiera: vuole lo smalto rosso sulle unghie. «Dentro di me ho sorriso e mi sono detto che quella grande donna era una vera esteta, anche nella malattia».
Il frate si presenta e la Merini, sotto la maschera dell’ossigeno, ripete due vol­te «Ah sì, Padre Pio, Padre Pio», poi fa cenno di restare sola con lui e riceve i sacramenti. Quello che la poetessa e il padre francescano si sono detti resterà per sempre tra loro. «Dopo abbiamo recitato insieme l’Ave Maria e le ho fatto un segno di croce sulla fronte con il dito. Infine le ho dato un buffetto sulla guancia: so­lo allora ha fatto un grande sorriso, limpido, da fanciulla. Infine mi ha indicato il comodino, dove c’era la reliquia di Padre Pio che conser­vava fin dall’infanzia, gliel’ho messa sul palmo e lei ha chiuso dolcemente la mano... Pensavo che sarebbe vissuta ancora parecchio». È in treno sulla via per Venezia quando, alle 17, gli telefonano la notizia, Alda Merini è morta. «È allo­ra che ho capito – spiega turbato e contento –, col pretesto della prefazione al libro mi aveva ingiun­to di essere lì il primo novembre e non oltre. Sape­va quello che tutti noi ignoravamo. L’eredità che mi porterò sempre dentro sono quegli occhi verdi con cui mi ha parlato molto più che con le parole».
Lucia Bellaspiga

venerdì 16 ottobre 2009

IN RICORDO DI NONNO-BABBO VINCENZO ORSINI



Le serrande del Paradiso 15 ottobre 2009




Ho scritto tanto

della morte

soprattutto in questi ultimi tempi

ma mai avrei pensato

che così presto

sarebbe venuta

a rendermi ragione

di quelle pagine



Vincenzo

per noi tutti “babbo”

sei  giunto

all’ultimo capitolo

del tuo quinto Vangelo



Per anni hai lottato contro la malattia

quel tumore che ti ha preso

a piccole dosi

sorsi di un bicchiere di vino

che rimane pieno



per  anni l’ha ricacciata indietro

“la bestia”

con ineguagliabile forza

e serenità

seminandone cocci

anche sulla strada

di Santiago

per 800 chilometri

con un tumore appresso



Solo tu potevi farcela



solo tu potevi combatterla cosi

la malattia



solo tu  babbo



Poi  i medici hanno alzato le mani

può tornare a casa

qui

la medicina si ferma

la scienza si siede accanto al letto

ed osserva

forse

contempla

il mistero della vita

che è anche quello della morte



se guardo coi miei occhi

gonfi di lacrime

vedo un padre

che mi ha accolto come figlio

uno sposo

paziente e buono

un nonno forte

le cui braccia

i miei figli non avranno più

e mi dispero a pugni chiusi

perché non è giusto

e la vita cattiva

trionfa sul mio cuore debole

e la mia fede che vacilla



se guardo

con gli occhi di Dio

potrei dire che a quel momento

ci si è preparati da sempre

dalla nascita

e che DIO sta solo richiamando a sé

un valido collaboratore

forse perché avrà bisogno

di risistemare le serrande del paradiso



ma non ho la Fede per tutto questo



eppure

ci è stata data

una morte lenta

per prepararci



partente e restanti…



Ed ora sei lì

Babbo

Lì dove non serve un apparecchio

per sentirci bene

lì dove non serve scalare una vetta

per contemplare

lì dove non c’è

dolore e morte

ma solo quella festa

promessa da sempre

e data per premio



Per tutti noi

qui presenti oggi

hai sempre avuto

il cuore aperto



ognuno di noi

a casa sua

ha almeno un tuo bullone

avvitato

nella tua officina

dietro casa

al confine

con decine di libri

che hai letto e risistemato

col tuo inconfondibile disordine



arti e mestieri

che lasci a noi

perché ora

aggiustata la serranda

ci osservi e ci segui

dalla finestra

del Paradiso



e ci attendi



arriveremo anche noi

con l’ultima macchina

e sarai il primo

a scendere le scale

di corsa

e venirci incontro



ciao Babbo





Giorgio 15 ottobre 2009 

giovedì 1 ottobre 2009

RU486 FERMARE IL PESTICIDA UMANO


Roma, 01 ottobre 2009


 


COMUNICATO STAMPA


 


 


ROMA. DICHIARAZIONE DEL PRESIDENTE GIBERTINI SULLA IMMINENTE COMMERCIALIZZAZIONE DELLA RU486


 


“Non si può continuare ad usare la Legge 194 solo quando è a favore della morte e non della vita: la Ru486 è contro la vita, contro le donne e contro la stessa legge 194 che non sosteniamo ma alla quale in questo momento, obtorto collo, siamo costretti ad appellarci.


 


Diciamolo chiaro e con forza. La Ru486 non è una medicina. Non cura alcuna malattia. Non aiuta la vita, la stronca sul nascere. La Ru486 non è amichevole nei confronti delle donne. Non realizza in alcun modo un aborto indolore, posto che sia possibile realizzarlo.


 


E' al contrario un sistema abortivo altamente controverso anche dal punto di vista della sua sicurezza ed efficienza clinica.


 


Più importante ancora, la pillola abortiva tende a deresponsabilizzare il sistema medico, e a ridurlo a dispensario di veleni, e lascia sole le donne, inducendole a una sofferenza fisica e psichica prolungata e domestica, molto simile alle vecchie procedure dell'aborto clandestino.


 


Per queste ragioni etiche siamo contrari alla pillola Ru486 e alla sua introduzione in Italia, anche perché la sua utilizzazione è incompatibile con le norme della legge 194/1978 e speriamo che l'indagine parlamentare che ha preso il via oggi in Commissione Sanità al Senato stabilisca con chiarezza almeno questo fatto.


 


Noi pensiamo che occorra fare di tutto, ciascuno nelle forme pertinenti il proprio ruolo, per impedirla. Jerome Lejeune, noto genetista scopritore della sindrome di Down, definì la Ru486 come un pesticida umano: dobbiamo aggiungere altro?


 


Occorre fare di tutto, oggi che si parla di libertà di stampa di manifestazioni per il diritto di sapere ed il dovere di informare, per informare sulla verità di questa pillola che, oltre ad uccidere il figlio, ha già ucciso nel mondo anche 29 mamme!


 


Ai dirigenti dell'Aifa chiediamo di andare a ripassarsi, su un normale dizionario, la definizione di Farmaco che qui riporto per facilitare il loro compito e venire incontro alla loro pigrizia mentale: un farmaco è una sostanza o un'associazione di sostanze con proprietà curative.


 


Ai medici che favoriscono l'aborto chiediamo dove è finito il giuramento di Ippocrate e dove saranno loro quando le madri abortiranno in solitudine e dovremo sempre essere noi a raccogliere il loro dolore e ricostruire il loro futuro?


 


Ai politici chiediamo di non chiederci "un disarmo ideologico" quando si tratta di vita e di morte ma che si espongano, nome e cognome e facce, per difendere la vita e per studiare i modi per evitare che la RU486 sia distribuita in Italia: nomi e cognomi che ricorderemo per le prossime elezioni. 


 


L'aborto uccide sempre due persone: il bambino e la mamma, con la Ru486 questa affermazione è anche confermata, purtroppo, dai fatti.”


 


GIORGIO GIBERTINI


PRESIDENTE


CENTRO DI AIUTO ALLA VITA DI ROMA


3473466500


 

martedì 29 settembre 2009

Madonna delle Grazie in Venarotta

Prostrati innanzi a questa tua effigie ti salutiamo, o Maria, piena di Grazia!
Per quanto indegni ci uniamo a Te nella lode a Dio, che ti ha voluto Madre sua e nostra, Regina del Cielo e della terra.
Con filiale fiducia ricorriamo a Te, mediatrice infallibile e universale di grazia, perchè ci ottengo ciò che è più conforme alla volontà di Dio e più utile alle nostre anime.
Incoraggiati dalla tua materna bontà, Ti suppliciamo di impetrarci la grazia che in questo momento desideriamo
(pensare alla grazia)
e così possiamo riconoscerti per un nuovo titolo, Madre di grazi e di misericordia.
Madonna delle grazie, confidiamo in Te!
Amen

martedì 25 agosto 2009

E ADESSO CHE TOCCA ME

E adesso che sono arrivato
Fin qui grazie ai miei sogni
Che cosa me ne faccio
Della REALTÀ

Adesso che non ho
Più le mie illusioni
Che cosa me ne frega
Della VERITÀ

Adesso che ho capito
Come va il mondo
Che cosa me ne faccio Della SINCERITÀ
E adesso
E adesso

E adesso che non ho
Più il mio motorino
Che cosa me ne faccio
Di una macchina

Adesso che non c'è
Più Topo Gigio
Che cosa me ne frega
Della Svizzera

Adesso che non c'è
Più brava gente
E tutti son più furbi Più furbi di me

E ADESSO CHE TOCCA A ME
E ADESSO CHE TOCCA A ME
E ADESSO CHE TOCCA A ME
E ADESSO CHE TOCCA A ME

giovedì 30 luglio 2009

121.406 aborti per Legge nel 2008: mi scuserete se non esulto?

121.406 aborti per Legge nel 2008: mi scuserete se
non esulto? Mi scuserete se non mi unisco al coro di chi grida: sono diminuiti
gli aborti. Scusate, ma penso a quei 121.406 volti, maschi e femmine, bambini e
bambine uccisi. Scusate, ma penso alle 121.406 loro mamme e papà col volto
triste, oggi o domani. E dovrei esultare?

 

E penso anche ai soldi buttati via dallo Stato,
prelevati dalle nostre tasse, per pagare questi aborti e mi domando perchè
almeno la stessa cifra non è data alle mamme che vogliono tenere il bambino. E'
una battaglia di pari opportunità questa? Ministro Carfagna, mi può dare una
risposta?

 

E penso a queste madri che sono andate ad abortire
senza poter incontrare, sulla loro strada, una parola amica, una parola di vita,
una parola di verità: vittime loro stesse col loro aborto.

 

E dovrei esultare?

 

Non voglio cedere alla presunta retorica di dire:
finchè ci sarà un solo aborto è sempre una sconfitta, anche se condivido e
sottoscrivo questa affermazione.

Ma non voglio neanche credere che gli aborti sono
diminuiti grazie alla Legge che permette l'aborto: un controsenso, un ossimoro
di morte tutto da dimostrare.

Ed il calo delle nascite? E le 400 mila confezioni
di pillola del giorno dopo distribuite ogni anno in Italia? ed i paesi dove si è
svolta già, in via sperimentale, la interruzione di gravidanza con la
Ru486?

Se cala il numero delle madri che ricorre all'ivg è
grazie all'opera silenziosa dei Centri di aiuto alla vita che, nella
clandestinità, come succede a Roma, operano accanto alla mamma, sottolineo
accanto alla mamma, per salvare vite umane.

 

Giorgio Gibertini

presidente

Centro di aiuto alla vita di Roma

lunedì 13 luglio 2009

Piero Gheddo e gli aiuti all'Africa

È necessario«educare» i poveri
Condivido i pareri positivi e laudatori espressi da mol­ti sulla Caritas in veritate, un documento che spe­riamo abbia un forte impatto in tutto il mondo, com’è stato per la Populorum progressio, che il presidente dell’In­dia definiva: «La magna charta dei popoli poveri». Vorrei tut­tavia annotare un aspetto su cui probabilmente il testo sor­vola.

giovedì 2 luglio 2009

Fede adulta il contropiede di Benedetto


Senza conformismi
Fede adulta il contropiede di Benedetto
Siamo tutti d’accordo: ci vuole un bel coraggio per essere anticonformisti, ma attenzione alle apparenze. Que­st’affermazione oggi vive infatti un sin­golare rovesciamento concettuale, del quale è bene prendere coscienza. Il conformismo che si va stendendo co­me una glassa dolciastra sulla cultura diffusa non è certamente costituito da verità inossidabili – semmai dipinte co­me zavorra di un passato 'ideologico' – ma sembra piuttosto una miscela di opinioni impalpabili e fluttuanti fatte passare ormai come unica moneta spendibile nel confronto pubblico. Il pulviscolo delle idee tutte equivalen­ti, nessuna delle quali può permettersi una qualsiasi pretesa di verità, oscura la vista come una nebbia e consiglia sot­tilmente di attestarsi attorno a un pen­siero minimo, magari banale e ovvio ma difficilmente soggetto a smentite pla­teali, su cui si può star certi che non si avranno noie. Tutti d’accordo su una ra­gionevolezza apparente, e guai a chi sto­na.

Eccola, allora, la vera impresa per intelletti coraggiosi: risalire la torren­ziale cascata dei luoghi comuni, che e­rode ogni punto fermo ed esalta l’u­niformità del pensiero medio. Sfidare la caduta libera dell’intelligenza, per mettere in sicurezza l’umano. Al noioso conformismo dei nostri tem­pi, più paralizzante delle sabbie mobi­li, deve aver pensato Benedetto XVI quando domenica sera, nell’omelia con la quale ha chiuso l’Anno Paolino, ha tratteggiato con parole memorabili la figura del cristiano animato da una «fe­de adulta»: definizione logora e stanca, che il Papa ha bonificato una volta per tutte del suo retrogusto contestativo re­stituendola alla lettura vigorosamente evangelica impressa da san Paolo in persona quando – scrivendo agli Efesi­ni – mise in guardia dal restare come «fanciulli in balia delle onde, trasporta­ti di qua e di là da qualsiasi vento di dot­trina ». Niente di più attuale. Lo «slogan diffuso» – sono parole del Papa – dipin­ge oggi come «matura» la fede del cat­tolico che «non dà più ascolto alla Chie­sa e ai suoi pastori ma sceglie autono­mamente ciò che vuol credere e non credere», e che ha il «'coraggio' di e­sprimersi contro il magistero della Chie­sa ».

Bel coraggio davvero, questa «fede 'fai da te'»: uno zapping religioso e mo­rale che odora di consumismo adole­scenziale più che di 'maturità' co­sciente di sé. Con sottile ironia, Bene­detto annota che a contestare la Chie­sa «in realtà non ci vuole del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso». Battuta impagabi-­le, che da sola fa giustizia delle sfibran­ti ovvietà di chi alla vigilia dell’encicli­ca sociale dà per rottamata la 'questio­ne antropologica': come se un pro­nunciamento pensionasse tutti gli al­tri. Il Papa rimette al suo posto ciò che fa 'grande' un credente enumerando che «fa parte della fede adulta, ad e­sempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo mo­mento » e «riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vi­ta come ordinamento del Creatore».

Lo spieghiamo anche ai nostri figli: adulto è – o diventa tale – chi sa dire qualche no che gli costa, chi «non si lascia tra­sportare qua e là da qualsiasi corrente», chi «s’oppone ai venti della moda». Questi tratti inconfondibili di una per­sonalità formata – e nessun pedagogi­sta oserebbe smentirlo – sono gli stessi che nelle parole papali svelano una fe­de matura, consapevole che «questi venti – come ci ricorda ancora Bene­detto – non sono il soffio dello Spirito Santo» ma altre brezze che spingono su una rotta diversa da quella di Cristo.

Che occorra ardimento nel percorrerla tra gli applausi generali è davvero comico sostenerlo, eppure – fateci caso – è quel­lo che ogni giorno ci viene ripetuto. Per fortuna, di anticonformisti veri al­meno uno siamo sicuri di averlo in­contrato. Ed è là, al timone che fu di Pietro.
Francesco Ognibene

venerdì 19 giugno 2009

BRAVO GIOVANARDI

COMUNICATO STAMPA

Roma – ABORTO, BENE GIOVANARDI MA SERVONO INIZIATIVE CONCRETE

In merito alle dichiarazioni del Sottosegretario Carlo Giovanardi sull'emergenza aborti e sul fatto che le istituzioni pubbliche dovrebbero sostenere di più la maternità il Presidente del Centro di Aiuto alla Vita di Roma, Giorgio Gibertini commenta:

"Sono molto contento della dichiarazione del sottosegretario Giovanardi e mi piace anche l'idea che le mamme scelgano di portare avanti la gravidanza per dare in adozione i figli.

Lo
so che può sembrare un concetto difficile di cui parlare ma bisogna
avere il coraggio di farlo. Uccidere un bambino con l'aborto non serve
a niente, è una tragedia che la mamma si porta dietro tutta la vita.

Far nascere la vita aiuta la mamma e gli adottanti.

E'
due volte mamma una mamma che poi da in adozione il proprio figlio
consentendoli di proseguire la sua vita iniziata al momento del
concepimento.”

“Però bisogna passare dalle parole ai fatti. Meno manifesti, meno deleghe, meno agenzie varie e poco definite ma più fondi, più soldi per aiutare le mamme a scegliere per la vita.”

“Ad
ogni incontro del nostro Direttivo le volontarie del Centro di Aiuto
alla vita di Roma mi sottopongono casi di mamme o coppie da aiutare ed
a volte i soldi della provvidenza non bastano.

In dieci anni il nostro centro, da solo, aiutato da nessuno, ha assistito 383 mamme e strappato all'aborto 226 bambini.

Ci
attendiamo ancora risposte concrete dal Comune di Roma e dalla attuale
amministrazione che non è ancora andata oltre alle solite promesse.

Siamo l'unico servizio del genere su Roma e non siamo stati coinvolti per progettare iniziative su questi argomenti.

Continueremo
da soli ma il sottosegretario Giovanardi sappia che avrà tutta la
nostra collaborazione ed a disposizione il know how maturato, giorno
dopo giorno, mamma dopo mamma, in questi dieci anni."

giovedì 4 giugno 2009

Forza Milan, forza Silvio, Forza Europa

Carissimi,
sono tifoso milanista dalla nascita e sostenitore del premier Berlusconi politicamente: per me è un doppio presidente.
E' sempre stato doppio presidente ma non è mai stato "doppio".
Voglio dire.
Ho
sempre cercato di distinguere le questioni politiche da quelle
calcistiche anche se, con un personaggio particolare (mi permettete di
dire particolare?) come Berlusconi le due cose si alternano ed a volte
sovrappongono.
Il nostro Milan ci ha dato enormi successi.
Ricordate
l'arrivo dei giocatori in elicottero all'Arena di Milano? Ricordate
Berlusconi in campo a festeggiare i successi di Sacchi e del Gu-Va-Ri?
Ricordate le finali vinte quattro a zero? Il Pallone D'oro dato da
Berlusconi a Baresi e la maglia numero 6 che si alzava verso il cielo?
E lo scudetto di Zac? E l'era Capello e poi di Ancelotti e gli anni bui
in mezzo con una mezza qualificazione in Uefa lo scorso anno e la
penalizzazione in punti con la quale siamo partiti anni fa?
A me
spiace che da quando Berlusconi è in politica molti tifosi si
sianodivisi. Si è sempre comportato correttamente. Non ha mai chiesto
ad un suo giocatore di esprimersi politicamente per lui (e quanto
avrebbe pesato una dichiarazione di Baresi o Maldini), non ci ha mai
chiesto la tessera di Forza Italia per entrare allo stadio, ha
rinunciato a scendere in campo per festeggiare gli ultimi successi per
non turbare i più "politicizzati" ed ha vissuto tutto nel silenzio, o
quasi, stretto nel seggiolino dello stadio di San Siro.
La sua
parabola politica è fatta di successi (il Governo più longevo della
storia, il protagonismo dell'Italia nel mondo, la politica del fare, la
politica della gente e dell'essere presente), di tante delusioni, di
rivincite ed ora di un altro campionato che sta conducendo da
protagonisti.
Si vende Kakà?
Va beh, pace. Da buon padre di
famiglia penso che Berlusconi pensi ad un Milan che deve guardare anche
i bilanci della società, dice al proprio figliolo di scegliere per la
grande occasione della propria vita (L'ha fatto con Sheva... chi non lo
farebbe con i propri figli) sapendo che lui di più non può offrire, ma
sicuramente il Milan resterà perchè va oltre i giocatori ed è il Milan
intero che vince, grazie al contributo dei singoli, ma con la mentalitù
del gruppo.
Quindi forza Milan, forza Silvio (anzi forzasilvio.it ),
andrò ancora allo stadio a vedere il Milan curioso di conoscere i nuovi
protagonisti che il Presidente ci regalerà come andrò a votare
Berlusconi per essere, anche qui come nel calcio, protagonisti in
europa.

Giorgio

venerdì 29 maggio 2009

Alemanno, rispondi.

Cosa chiede il Cav di Roma ad Alemanno

Decennale. Sono 226 i bambini venuti alla luce

di Tempi

Sino
al 1988 a Roma, città con più di tre milioni di abitanti, non esisteva
alcun Centro di aiuto alla vita. In quell’anno, su desiderio e
promozione di don Nicola Mariangeloni nacque il Cav proprio all’interno
dell’ospedale Sant’Eugenio. Con il semplice passaparola tra amici,
medici, infermieri e volontari, le adesioni in poco tempo si fecero
cospicue. Dal 2000 all’inizio del 2009 è stata la dottoressa Miranda
Lucchini a trasformare la struttura in un centro di grande serietà
professionale con collegamenti con molte strutture pubbliche e private
di Roma e con le fondazioni bancarie. Dal 12 gennaio 2009 il nuovo
presidente è Giorgio Gibertini, volontario per la vita dal 1989,
coadiuvato, tra gli altri, da Valerio Lattanzio, delegato ai rapporti
con la Chiesa. Tra gli obiettivi dei prossimi anni, oltre al
rafforzamento dell’esistente, il Cav punterà alla ricerca di una sede
più spaziosa, ad un corso per diventare volontari e all’aiuto
psicologico specializzato sul post aborto. In dieci anni di attività
sono stati ben 226 i bambini venuti alla luce e 303 le mamme assistite.
«Il mio desiderio più grande – spiega Gibertini a Tempi – è di far sì
che il Comune di Roma riconosca il nostro lavoro come un servizio
comunale. Non voglio rassegnarmi all’idea che lo Stato è per l’aborto
ed il privato per la vita. Confido nel sindaco di Roma da cui
attendiamo due risposte: una convenzione col Comune per essere
valorizzati come risorsa cittadina; un accordo per trovare uno spazio
in un cimitero di Roma per dare degna sepoltura ai bambini che vengono
uccisi dall'aborto». [fc]

su Tempi

martedì 26 maggio 2009

Grazie Monsignor Fisichella!

"Andate e portate frutto e che il vostro frutto rimanga". Gesù non ha detto che voi vedrete il vostro frutto ma che il vostro frutto rimanga. Oggi invece a voi Gesù dà la gioia di vedere anche il vostro frutto, i dieci anni del Centro di Aiuto alla vita di Roma, i 226 bambini aiutati a nascere. 
Mons. Fisichella (25 maggio 2009)
Grazie

mercoledì 20 maggio 2009

Recensione mio Libro su L'Avanti







“L’anti-Welby”
di Gilbertini DI ANDREA CAMAIORA



Mercoledì 20 Maggio 2009 15:08

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La
morte è la protagonista dell’ultimo libro di Giorgio Gibertini, dal titolo
“L’amico con la elle maiuscola” (Fede&Cultura, 8 euro).
Già,
la morte. Ma non è un libro macabro. È semplicemente un libro pervaso da
tristezza che ha per coprotagonisti la voglia di vivere, l’amicizia e l’amore.
Con ironia e semplicità Gibertini scrive in un italiano moderno e immediato. Ma
non per questo illetterato. Anzi, rivela un animo di intellettuale non comune
con una delle più opportune e belle citazioni dai “Promessi Sposi” di Alessandro
Manzoni. Per intenderci, quel Manzoni che si legge a scuola e poi si dimentica.
I
protagonisti del racconto firmato da Jolly Gibertini fanno i conti con la Sla,
la terribile sclerosi laterale amiotrofica, di cui descrive i sintomi,
sconosciuti ai più. Dalla prima pagina - che si apre con la figura pelosa di
Ezechiele - il libro non smette di stupire e sa tenere col fiato sospeso e gli
occhi lucidi. Il profumo di sigari e le spiagge di Fortaleza lasciano presto
spazio ai confetti delle visite in ospedale e alla presa di coscienza più dura
da ascoltare: “Sto morendo”.
Francesco, malato di Sla, affronta il mistero della morte con
coraggio e serenità. Francesco è colui che, di fronte all’identico dramma
vissuto da Piergiorgio Welby, sceglie la strada opposta. Si chiede Francesco: “E
che devo fare, uccidermi, chiederti di uccidermi portandomi lassù in collina e
iniettandomi l’insulina, finché non mi vedi rantolare nel prato e poi morire?
No, la Sla mi dà la possibilità di vivere questi ultimi momenti (…)”.
L’opera di Gibertini non ha la presunzione di insegnare niente a
nessuno, ma è una grande testimonianza di amore per la vita. Lo ha capito anche
Giorgia Meloni, che firma l’introduzione al libro anche se sceglie di citare in
modo discutibile una celebre frase tratta da un film cult come “L’attimo
fuggente”
. La verità sulle pagine scritte da Gibertini è una sola: “L’amico
con la elle maiuscola” è - come ha osservato nella prefazione don Giovanni
D’Ercole - un meraviglioso “contributo al Vangelo della Vita”.
 

lunedì 4 maggio 2009

PROSSIME ELLE MAIUSCOLE

PROSSIME PRESENTAZIONI DEL LIBRO "L'AMICO CON LA ELLE MAIUSCOLA" con GIORGIO GIBERTINI

-
Sabato 2 maggio ore 12 - durante Convegno Nazionale Famiglie Numerose
Cattoliche - Istituto San Giovanni Evangelista - Via Livorno 91 Roma

- Sabato 9 maggio ore 21 - Sala Fondazione San Giacomo in Piazza XXV Aprile a Busto Arsizio (VA)

- Domenica 10 maggio ore 17 - Sala Villa Venino - Via Matteotti - Novate Milanese (MI)

giovedì 23 aprile 2009

tutti con la ELLE maiuscola

tutti con la

 

E L L E

 

maiuscola

ELLE MAIUSCOLA IN RADIO


GIOVEDÌ 23 APRILE ALLE ORE 10.45

GIORGIO GIBERTINI

PRESENTERA' "L'AMICO CON LA ELLE MAIUSCOLA"

IN DIRETTA A RADIO MATER

lunedì 6 aprile 2009

ANNULLATA PRESENTAZIONE LIBRO DI GIOVEDI 9 APRILE

CAUSA stato d'emergenza annullati tutti gli impegni istituzionali

compresa la presentazione del libro di Giovedi prossimo con il ministro Meloni.

 

Lutto per i nostri concittadini dell'Abruzzo.

domenica 5 aprile 2009

IL MINISTRO MELONI PRESENTA IL LIBRO DI GIBERTINI

A due mesi dalla morte di Eluana

all'inizio del triduo Pasquale

 

GIOVEDI 9 APRILE alle ore 11.30

presso la Sala Conferenze Stampa di Montecitorio (via della Missione 4)

il ministro GIORGIA MELONI

presenta il libro di Giorgio Giberttini

"L'amico con la elle maiuscola".

 

 

Recensione
Una storia di amicizia, dall’inizio fino a morte naturale. Un amico si ammala, l’altro modifica la sua vita per stargli accanto e scoprire assieme il senso della vita sempre, in ogni momento, in ogni istante, fino all’ultimo, in qualsiasi condizione di salute. Mano nella mano affrontano il doloroso cammino verso la morte, ma che si rivela al tempo stesso verso la vita. Un romanzo di drammatica attualità che, aiutandosi con l’alta poesia, ci porta oltre le barricate ideologiche della morte per eutanasia per condurci nel mistero della vita.

 

 

 

mercoledì 1 aprile 2009

PRIMA PRESENTAZIONE DEL MIO LIBRO A FOLLONICA VENERDI 3 APRILE 2009

Giorgio Gibertini presenterà il suo nuovo libro "L'amico con la elle maiuscola" Venerdi 3 aprile 2009 a Follonica alle ore 18 all'interno di un dibattito dal titolo
il Diritto alla vita: tra libertà e responsabilità.


lunedì 9 marzo 2009

IL NUOVO LIBRO DI GIORGIO GIBERTINI


L'amico con la elle maiuscola - Giorgio Gibertini Jolly




Giorgio Gibertini Jolly
L’amico con la elle maiuscola
Introduzione del Ministro della Gioventù On. Giorgia Meloni
Prefazione di Don Giovanni D’Ercole

Recensione
Una
storia di amicizia, dall’inizio fino a morte naturale. Un amico si
ammala, l’altro modifica la sua vita per stargli accanto e scoprire
assieme il senso della vita sempre, in ogni momento, in ogni istante,
fino all’ultimo, in qualsiasi condizione di salute. Mano nella mano
affrontano il doloroso cammino verso la morte, ma che si rivela al
tempo stesso verso la vita. Un romanzo di drammatica attualità che,
aiutandosi con l’alta poesia, ci porta oltre le barricate ideologiche
della morte per eutanasia per condurci nel mistero della vita.
L’Autore
Nato
a Bollate (Milano) il 2 ottobre 1972, Giorgio Gibertini Jolly è
giornalista e scrittore. Vive a Roma con la moglie Sara Orsini e i due
figli Mauro e Massimo. È presidente dell’associazione culturale Ad
Maiora e del Centro di aiuto alla vita di Roma. Il sito personale è
www.giorgiogibertinijolly.spaces.live.com . Con Fede & Cultura ha
pubblicato “Mi hanno accolto con un abbraccio”, storie vere di Vita accolta pur fra mille difficoltà.
Nota breve
La difesa della Vita in una storia di accompagnamento alla morte senza eutanasia
Argomento: valori, vita, difesa della vita contro l’eutanasia
Collana: Vita & ambiente 1
Pagine 72
Altezza 21
Larghezza 15
Tipo di copertina: brochure
Prezzo: € 8,00

acquistabile online su http://www.fedecultura.com/

domenica 1 marzo 2009

AL MASSIMO DUE ANNI FA

Ti ricordi

due anni fa

o forse no

come me

piccole immagini

senza il dolore del parto

 

perchè sembra

che non ci sia mai stato

quel tempo

senza Massimo

senza i suoi ricci

la sua buffa espressione

allegra

dal primo

all'ultimo minuto del giorno

 

canta e si sveglia

e lo fa

prima di dormire

tra le tue

o le braccia mie

 

Massimo

due anni fa

cominciavi

a darci luce

 

26 febbraio 2009

 

mercoledì 25 febbraio 2009

giovedì 19 febbraio 2009

INAUGURAZIONE QUADRIENNIO FIDIS







                                                 


 

OGGETTO:
CONFERENZA STAMPA DI INAUGURAZIONE QUADRIENNO FIDIS


         

 

Carissima/o,

con la presente ti comunico che LUNEDI 23 FEBBRAIO 2009 alle ore 17
presso la SALA GIUNTA del CONI (CONI – Largo Lauro De Bosis
15 – Roma) inaugureremo il quadriennio Olimpico 2009-2012 della nostra Federazione
di cui sono il neo presidente.


 

            Spero
tu possa intervenire perché presenteremo i progetti prossimi futuri che
riguarderanno l’attivazione della nostra Scuola di Formazione riconosciuta
anche dalla Regione Lazio, la rinascita del nostro mensile “Manager dello
Sport”, e tanti altri percorsi formativi volti allo Sport, all’Ambiente ed al Sociale
in cui saremo protagonisti.


 

            Lo
Sport come strumento di educazione e come risposta al disagio giovanile che
percorre la nostra società sarà sempre uno dei fili conduttori del nostro
impegno.


 

            Saranno
presenti molte autorità sportive nazionali legate al CONI ed anche tanti amici
Parlamentari che vogliono con noi continuare, od iniziare, una proficua
collaborazione.


 

            Ti
aspetto.


Il
Presidente


Gibertini
dott. Giorgio


 

 

venerdì 13 febbraio 2009

Accogliamo i bambini abortiti in un cimitero di Roma


Accogliamo i bambini abortiti in un cimitero di Roma

 

In uno dei miei viaggio pro life per l’Italia giunsi tanti anni fa a L’Aquila dove visitai, e porto ancora nel cuore quei momenti, il Monumento ai bambini non nati curato in una zona del cimitero cittadino chiamata “il giardino dei bambini”. Il monumento raffigura una bianca Madonna senza volto con le braccia larghe e che accoglie tantissime testoline di bambini, anche loro senza volta. Dietro campeggia la scritta: ai 50 milioni di bambini ogni anno vittime dell’aborto. Una associazione per la vita locale, d’accordo col Comune, in convenzione assicura sepoltura e degne esequie ai bambini abortiti, o naturalmente o volontariamente.

Ricordo ancora i brividi e la commozione di tutto il gruppo nel sostare davanti a tantissime piccole croci ai piedi della Madonna, come piccoli bambini che tendevano le braccia verso quelle mamme che non sono state capaci di accoglierli.

Leggere oggi sui giornali che in un ospedale della capitale d’Italia sono stati ritrovati “feti malformati e resti umani” in un locale seminterrato, e completamente abbandonato, mi ha fatto riprendere nella memoria quei giorni e decidere di richiedere, ancora con più forza, che anche a Roma vi sia un monumento ai bambini non nati ed un luogo dove raccogliere le loro spoglie e dar loro giusta sepoltura.

La pessima realtà purtroppo supera l’immaginazione e nello scorrere la rassegna stampa su questo caso si legge dovunque la dichiarazione scioccante del direttore del Policlinico Umberto I di Roma: “Sono solo materiale didattico”.

Mi è rimasto il brivido per tutta la giornata a pensare a questa catalogazione che mi suona tanto negazionista dell’olocausto dell’aborto che ogni giorno si consuma nella nostra Italia e, nella nostra Capitale, per almeno 11 mila volte l’anno.

Materiale didattico? Mentre aspettavo i miei due figli non ho mai pensato a mia moglie come un contenitore di materiale didattico. E’ possibile usare ancora questi termini?

Prego per questi figli uccisi tre volte: dall’aborto, dall’oblio di quasi trenta anni in quel sottoscala e dall’antilingua che, per mistificare la verità, non ha neanche il coraggio di chiamarli per nome e di guardarli in faccia.

Quest’anno il Centro di cui sono presidente festeggia i suoi dieci anni e nell’invitare tutte le mamme a scegliere per la vita voglio anche invitare chi di voi, scultore, benefattore, volontario per la vita, voglia intraprendere con me il progetto di realizzare un Monumento ai bambini non nati in un cimitero di Roma. Chiedo al Sindaco di Roma la sua collaborazione nel far si che ogni bambino non strappato all’aborto nella nostra città possa trovare un piccolo lembo di terra dove essere accolto.

 

Giorgio Gibertini

Presidente Centro di aiuto alla vita di Roma

www.cavroma.org

 

giovedì 12 febbraio 2009

UMBERTI PRIMO DI ROMA: TRIPLA UCCISIONE DI BAMBINI







 

 

Roma, 12 febbraio
2009


 

 

COMUNICATO
STAMPA


 

 

OGGETTO:
 
GIORGIO GIBERTINI  (PRESIDENTE
CENTRO DI AIUTO ALLA VITA DI ROMA):            

 

BAMBINI UCCISI TRE VOLTE: DA ABORTO, ABBANDONO E ANTILINGUA.

REALIZZIAMO UN
MONUMENTO A BAMBINI NON NATI.

 

 

Vorrei dare, come succede in
altre parti d'Italia, degna sepoltura a quei bambini trovati abbandonati, si
dice anche da oltre 30 anni, in una stanza chiusa del Policlinico Umberto I di
Roma.

 

Inorridisco nel leggere le
cronache dei giornali che parlano di questi bambini uccisi tre volte:
dall'aborto, dall'abbandono e dall'antilingua.

 

Se la verità fa inorridire, basta
cambiarle nome. Ecco quindi che i poveri feti diventano “materiale per
didattica” o “rifiuti speciali”.

 

Propongo ad Alemanno, Sindaco di Roma, di realizzare assieme
in un cimitero romano il “Monumento ai bambini non nati” sotto cui seppellire
questi bambini.

martedì 10 febbraio 2009

FIDIS : GIBERTINI PRESIDENTE

Con grande gioia vi comunico che da Sabato sono il
Presidente della Fidis www.fidis.it Federazione Italiana Dirigenti
Sportivi.

Se volete collaborare ecco la nostra
mission

 

Giorgio Gibertini

 

 

L’Associazione ha lo scopo di elevare il livello culturale e
professionale di tutti gli operatori dello sport tramite una formazione ed un
aggiornamento permanente. Per raggiungere le suddetta formalità, l’Associazione,
più specificatamente potrà:

a) formare ed aggiornare i
propri associati e i terzi che operano nello sport e nel sociale sulle
principali normative, nei campi civilistico-fiscale, sanitario, assicurativo,
del lavoro e di quant’altro utile e necessario per una migliore
qualificazione;

b) patrocinare e tutelare gli
interessi dei propri associati e di quanti, operatori dello sport e del sociale,
ne facciano richiesta;

c) svolgere, compatibilmente
con i fini istituzionali, ogni attività diretta a sviluppare la propaganda dello
sport;

d) guidare, indirizzare,
organizzare, consigliare le associazioni affiliate su tutte le tematiche del
mondo sportivo;

e) divulgare
pubblicazioni varie inerenti lo scopo sociale;


f) organizzare seminari,
congressi, convegni, tavole rotonde e rassegne su vari temi inerenti il mondo
dello sport ed il sociale;

g) organizzare e svolgere
corsi per i propri associati ed i terzi interessati, anche come corsi
professionali per una qualifica di specifiche attività sportive e
sociali;

h) fornire gli strumenti
informativi per una corretta prevenzione
infortunistico-sanitaria;

i) sviluppare tutte quelle
iniziative in campo ecologico ed a difesa dell’ambiente, sia direttamente che
attraverso la collaborazione con altri enti;


j) instaurare rapporti con
Federazioni Sportive, Enti di Promozione Sportiva, Associazioni Benemerite,
Associazioni e Società Sportive, Gruppi ed Organizzazioni di ogni tipo, che
abbiano finalità sportive, sociali ricreative e tutela dell’ambiente.

L’Associazione potrà, infine, attuare ogni altra
iniziativa necessaria ed utile al fine del conseguimento dell’oggetto
sociale.

Tali scopi vengono attuati avvalendosi della competenza
professionale dei maggiori esperti italiani e stranieri del settore, di
comprovata qualificazione ed esperienza.

La costituzione dei Comitati Regionali muove, infine, dall’esigenza di
fornire una più agevole risposta alle richieste provenienti dalle realtà
sportive locali presenti su tutto il territorio nazionale.

La presenza di un Comitato FIDIS in ogni Regione, ci permette infatti di
assolvere in maniera sempre più puntuale e capillare alla notevole mole di
attività attraverso il loro decentramento.

domenica 8 febbraio 2009

UCCIDERE E' COSTITUZIONALE?


UCCIDERE DI FAME E DI SETE E' COSTITUZIONALE?


MARINA CORRADI, AVVENIRE

Ma lasciare morire di sete e di fame una malata, è costituzionale? È una domanda semplice quella che si affaccia ai pensieri, in queste ore di scontro fra poteri istituzionali, e mentre a Udine si procede con il 'protocollo' – termine squisitamente tecnico ad indicare la morte data a Eluana. È una domanda elementare quella che aleggia sull’incrociarsi di dichiarazioni di onorevoli e giuristi e ministri. «Non è intervenuto alcun fatto nuovo che possa configurarsi come caso straordinario di necessità e urgenza ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione» si legge nella motivazione del 'no' al decreto legge fornita preventivamente dal capo dello Stato. E qui molti – certo digiuni di diritto, e con scarsa dimestichezza con i regolamenti – non capiscono. Non c’è necessità e urgenza? Ma quella donna sta andando alla morte; e la sua fine riguarda tutti noi; concerne il modo in cui, dopo Eluana, si guarderà ai malati senza coscienza, agli handicappati inguaribili, a quelli che vengono considerati «irrecuperabili» a salute ed efficienza. Ci si sente, davanti a certe spiegazioni, quasi come Renzo Tramaglino quando Azzeccagarbugli gli legge una grida spagnola, che pare fatta su misura per lui. E invece, affatto: «A saper ben maneggiare le grida, nessuno è reo e nessuno è innocente», fa dire con un sorriso amaro Manzoni al suo leguleio secentesco.
Le ragioni dell’affermata incostituzionalità del decreto filano con apparente scioltezza. Alla fine però il risultato è che, in osservanza di una sentenza, nemmeno di una legge, Eluana deve morire. E dunque il massimo del diritto, passato per almeno dieci aule fra tribunali e Corti d’appello e Cassazione, per una marea infinita di carte, si risolve nella più assoluta delle ingiustizie: una morte atroce data a una donna che mai fondatamente l’ha chiesta. (Se invece che di vita si fosse parlato di disposizioni patrimoniali, sospettiamo che i giudici non avrebbero dato facilmente per acquisita quella presunta volontà di Eluana).
Summum ius, summa iniuria, dicevano gli antichi, che già s’erano accorti dell’agile duttilità della legge e della sua interpretazione, concetto ripetuto ieri, non a caso, dal Cardinale Vicario. Tutto in ordine quanto alla forma, e niente a posto invece in quella clinica. Il governo ha raccolto la domanda di quelli che guardano con sospetto a tanta nobile giurisprudenza, se poi serve a lasciare che una donna impotente venga fatta morire. «Vulnus istituzionale », «derive autoritarie», le accuse volano. E sembra che il dramma di Udine sia secondario, in una politica che ostinatamente riferisce ogni fatto a se stessa, e dimentica che il suo vero fine è la polis,
cioè la vita dell’uomo. La legge, già. Sia nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sia nella Carta dei diritti fondamentali della Ue si af ferma, nei primissimi articoli, il «diritto al la vita». La Costituzione italiana parla di «diritti inviolabili». E dunque non è così strano se molti guardano attoniti a tanto diritto sapientemente sciorinato, il cui risultato è che una donna che respira autonomamente, e ha bisogno solo di acqua e di cibo, venga uccisa.
Sarà, questa morte, costituzionale? Se davvero lo fosse, ci sarebbe da avere paura di un tale Stato di diritto. Ma non può essere; tra una sentenza e l’altra, delle tante che hanno giudicato il caso Englaro, che qual cosa si è inceppato, il favor vitae obliato. Il dramma di Eluana ha trovato un’abile regia «politica», e forse anche un favor mortis
avanzante nella società ha conquistato i magistrati. (Dal 1999 al 2006 tutti i ricorsi di Beppino Englaro erano stati respinti come inammissibili. Solo dal 2006 la pretesa di Englaro di fare morire la figlia è stata presa in considerazione, e anzi quello alla morte è diventato un «diritto»).
E ora, obbedendo a una sentenza, Eluana deve morire. Se è così, tutta la trama del nostro raffinato ordinamento giuridico ha un buco come una voragine: ci si dimentica che il centro è l’uomo, e che il primo dei diritti è vivere. A Udine, il 'protocollo' va avanti.

venerdì 6 febbraio 2009

ORA NON SI PUO CHIEDERE SILENZIO - Mario Giordano



MA ORA NON SI PUÒ CHIEDERE IL SILENZIO
di Mario Giordano
E adesso chiedono il silenzio. Ma certo: che resta ancora da dire? Eluana va a morire e la morte si deve tacere. Non si deve raccontare. La morte non è chic, stona un po’ con l’eleganza dei pensieri vip. Una morte di fame e sete, poi. C’è qualcosa di più terribile, c’è qualcosa di più straziante? C’è qualcosa che stride di più con la cipria del conformismo? E allora avanti: tutti a chiedere di calare il sipario, di stendere un velo, di rispettare il riserbo. In fondo la battaglia è vinta, no? Il principio è stabilito: ora in Italia si può morire per legge. L’eutanasia è arrivata per via giudiziaria. Che altro si deve aggiungere? Niente. C’è una ragazza che muore, c’è una ragazza che viene uccisa, ma questo è un particolare. Non si deve dire. Non si deve far sapere. Non più. Avanti con il prossimo caso. E intanto ricordatevi: tutti al Cafonal del sabato sera. Magari in viola, ma solo perché fa trendy. Guai a chi parla ancora di Eluana e di morte, però.
Il Tg de La7 annuncia di aver staccato «la spina dell’informazione». L’Unità pubblica a tutta pagina il titolo rosso «Silenzio» (e la foto illustra il gesto eloquente di chi chiede di tacere). «Silenzio per Eluana», dice l’editoriale Europa. «Silenzio per Eluana» chiedono le parlamentari del Pd Livia Turco e Barbara Pollastrini. «Cresce il partito del silenzio», strilla il Corriere. «Adesso silenzio», concorda il Riformista. «È il momento del rispetto», fa eco da destra il Secolo d’Italia. E forse sarò il solito controcorrente, ma in mezzo a tutti questi che invocano il silenzio, a me, oggi, è venuta una grande voglia di urlare.
Ma sì, non si può tacere di fronte a quello che sta accadendo a Udine. Non si può. Non più. Scusatemi, ma l’hanno voluto loro. Hanno fatto di Eluana un caso, hanno fatto di Eluana un emblema. Sono andati a prenderla nella sua stanza di Lecco, dove da anni le suore la curavano amorevolmente, in silenzio (loro sì), nel riserbo (loro sì), con rispetto (loro sì). L’hanno portata in giro come una bandiera, l’hanno esposta come un labaro o uno stendardo. Hanno sbattuto la sua vita in pasto ai tribunali, hanno messo la sua esistenza nelle mani dei giornali. Hanno fatto di una sofferenza privata un caso pubblico, di un dramma personale una questione nazionale. E adesso, dopo anni di riflettori accesi, e interviste a settimanali e tv, dopo anni di talk, dibattiti, forum, libri, ospitate, Bruno Vespa, Fabio Fazio, Maurizio Costanzo Show, adesso ci chiedono il silenzio? Con che coraggio?
Ancora ieri il papà di Eluana era in tv, intervistato a Porta a Porta. E ancora ieri era intervistato sui quotidiani. A Repubblica ha detto che sua figlia è un «simbolo». Ecco: se ha accettato che sua figlia diventasse un simbolo, se ha fatto di tutto perché sua figlia diventasse un simbolo, ora non può chiedere il silenzio. Non può chiedere il riserbo. Non si può essere simboli nel silenzio e nel riserbo. E forse è vero, come diceva ieri alla Stampa, il medico Mario Riccio, quello di Welby, che nei reparti di rianimazione degli ospedali, senza che nessuno se ne accorga, «si stacca la spina 18mila volte l’anno». Forse è vero. Anzi, sicuramente è vero. È la coscienza dei medici, l’intesa coi parenti, spesso un tacito consenso, un gesto pietoso e condiviso.


Ma Eluana non fa parte di quei 18mila. Eluana non muore per un tacito consenso o per un gesto pietoso. Muore per una sentenza che, di fatto, sostituisce una legge. E questo perché, da un certo punto in avanti, è stato deciso (mica da noi, mica dai giornali brutti e cattivi, mica dall’informazione dei soliti sciacalli) che lei diventasse un simbolo. Un caso. È stato deciso che la sua tragedia privata diventasse vicenda pubblica. Hanno voluto spremere il suo corpo inerte, hanno voluto ricavarne un distillato universale, un principio valido per tutti, un diritto scolpito dalla giustizia dentro la nostra storia e dentro le nostre coscienze. Non per esaudire la sua volontà, come è stato detto. Piuttosto, per forzare la nostra. Per costringerci, attraverso la pietà umana, ad aprire le porte a provvedimenti che sono e resteranno disumani.


Per questo non si può tacere di Eluana. Non più. È troppo tardi, è troppo ipocrita ora. L’abbiamo seguita fra i decreti e le corti, fra i palcoscenici dei tribunali e quelli della Tv: ora bisogna seguirla nell’ultimo tratto, bisogna raccontare minuto per minuto quello che accade dentro quella stanzetta, bisogna salire passo dopo passo il suo calvario che diventa il nostro calvario. Bisogna guardare in faccia Eluana fino all'ultimo. Anche se sarà duro. Anche se sarà meno chic di un articolo di Adriano Sofri, che in questo caso non vuole parlare di omicidio, lui che se ne intende. Anche se saremo sconvolti come il medico che l’ha accompagnata da Lecco a Udine in ambulanza e ora dice: «Non sarò mai più lo stesso». Bisogna parlarne ancora, bisogna dire tutto, perché Eluana è diventata un simbolo, come dice suo papà. E in quanto simbolo, inevitabilmente, vive sotto gli occhi di tutti e muore sotto gli occhi di tutti. Ma forse è proprio questo che fa paura, forse è proprio per questo che si chiede il silenzio: perché un conto è sopprimere un simbolo (morto un simbolo se ne fa un altro), un conto è sopprimere una vita. E accompagnando Eluana sino all’ultimo istante, raccontando i suoi giorni di agonia, c’è il rischio di rendersi conto che lei è molto più di una battaglia, molto più di una bandiera, molto più persino di una storica sentenza. Lei è semplicemente una persona.

giovedì 5 febbraio 2009

ALFREDO MANTOVANO PER ELUANA

Fra pochi giorni l’Italia che, in nome della inviolabilità della vita
umana, propugna nel mondo l’abolizione della pena di morte per i
colpevoli anche dei più efferati delitti, eseguirà la prima condanna a
morte dopo il 1948: la condanna di una innocente cui, attraverso una
lunga agonia, verrà negato il fondamentale diritto all’alimentazione e
all’idratazione.” Lo ha affermato il deputato del Pdl Alfredo
Mantovano, che ha osservato: “ La ’cultura di morte’, che ha ispirato
le pronunce giudiziarie sul ’caso Englaro’, giustifica ed esalta
l’abbandono a se stessi delle persone disabili, priva di tutela i più
deboli, ed esige come primo immediato freno una legge che ribadisca la
tutela della vita senza se e senza ma; con norme chiare e inequivoche,
che non lascino la vita in balia di qualsiasi forma di eutanasia o di
testamento biologico.

Alfredo Mantovano

martedì 3 febbraio 2009

ELUANA AD UDINE. PREGHIAMO PER ELUANA E PER QUELLI CHE NON SANNO QUELLO CHE FANNO

O 3 febbraio 2009

Eluana è arrivata alla clinica "La Quiete" di Udine



Quella neolingua che parla della sorte da riservare ai “diversamente
vivi”



Tra “accoglienza”, “epilogo naturale” e “diritto alla salute”




L'ambulanza con a bordo Eluana
Englaro e' arrivata alla clinica 'La Quiete' di Udine qualche minuto
prima delle sei di questa mattina, dopo un viaggio notturno. A  Lecco,
davanti alla clinica da cui Eluana e' partita, ci sono
state proteste di aderenti di associazioni contrarie all'esecuzione
della sentenza, che si sono stesi sul cofano dell'ambulanza per
impedire la partenza. Una situazione sbloccata dall'arrivo della
Polizia. Ad attendere la donna in stato vegetativo, una selva di 
giornalisti. Nella struttura, dovrebbe consumarsi l'ultimo capitolo per
Eluana, in coma da 17 anni, con la sospensione dell'alimentazione e idratazione forzata.
(Afv/Gs/Adnkronos)

"Se ci verrà chiesto siamo disposti ad accogliere Eluana
in una struttura pubblica”. Nel novissimo dizionario della
postmodernità laicista, ricordiamoci che “accogliere” si traduce
“provocare la morte per fame e per sete”. Prendiamone nota, perché
altrimenti le parole del presidente della regione Piemonte, Mercedes
Bresso, estrapolate tra cinquant’anni dal contesto che le ha prodotte,
rischierebbero di essere fraintese. Rischierebbe di essere frainteso
anche il giurista Amedeo Santosuosso, che al Corriere della Sera parla
di “diritto alla salute”. Per Eluana, dice, quel diritto “ora consiste
nella sospensione di nutrizione e idratazione”. E’ chiaro? Da questo
momento, quando sentiremo parlare di “diritto alla salute”, dobbiamo
sapere che può voler dire: “Far morire di fame e di sete una persona
che ha bisogno di acqua e cibo per vivere”. Come chiunque, del resto.

Nel novissimo dizionario postmoderno leggiamo anche
che la fine comminata per fame e per sete a una disabile in stato
vegetativo persistente – il cui corpo testimonia da diciassette anni un
inequivocabile attaccamento alla vita – diventa, nella forbita
argomentazione dell’illustre avvocato Carlo Federico Grosso, l’“epilogo
ormai logico e naturale”. Ecco, va fatta la massima attenzione: c’è un
nuovo significato di “naturale”. Eluana sarà accompagnata alla “morte
naturale”, ha scritto Piero Colaprico su Repubblica; faceva eco al
padre di Eluana Englaro, Beppino, quando chiedeva che Eluana
riprendesse “il suo cammino della morte naturale, interrotta dalla
rianimazione e dalle terapie forzate”. “Morte naturale”, prendiamo
dunque nota, è la morte per fame e per sete. Eluana non può mangiare e
bere da sola – come un neonato, come qualsiasi grave disabile – e
dunque poche storie: nutrirla e dissetarla significa ostacolare il
naturale corso degli eventi.

Ma siamo davvero incorreggibili: ci ostiniamo a
chiamare Eluana “disabile”. Eppure la bioeticista animalista Luisella
Battaglia ha scritto che la donna è stata indebitamente “promossa” a
disabile da Eugenia Roccella. Non è una disabile, semmai è
“diversamente viva”. A quando “post persona”? Questione di tempo, non
c’è fretta. Il novissimo dizionario della postmodernità eutanasica sa
il fatto suo. Dedica pagine e pagine alla parola “libertà”, da sola o
in opportuna compagnia di “diritto”. “Per la libertà di Eluana”, ovvero
per la sua morte procurata per sete e per fame, era lo slogan della
manifestazione radicale a Lecco, sabato scorso. Quella culminata con la
consegna delle diciassette rose (una per ogni anno passato dalla donna
in stato vegetativo) a Beppino Englaro, come anticipazione o in
sostituzione delle corone funebri. Il ritardo nel comminare quella
morte, e l’atto di indirizzo del ministro Sacconi che ricorda alle
strutture sanitarie la loro funzione, diventano così “lesione di un
diritto”. Dei “diritti di un padre, che dopo aver sofferto per
diciassette anni, si vede adesso sballottato da una istituzione
all’altra. E da una interdizione all’altra”, si indigna la solita
Bresso.

Ha spiegato il dottor Mario Riccio, quello che ha staccato il respiratore a Piergiorgio Welby:
“Non sono i medici che mancano al padre di Eluana, ma la struttura.
Seppure non collegare il sondino alla sacca per l’alimentazione e
l’idratazione è, nei fatti, un atto più semplice che staccare il
respiratore e sedare il paziente, come è avvenuto per Welby, la
situazione è più complessa. Si tratta infatti di non prescrivere la
sacca per quindici-venti giorni di seguito”. Non “un unico atto attivo,
ma un atto passivo ripetuto per molti giorni”. E’ la famosa “morte
naturale”, l’“epilogo naturale” della scandalosa vita di Eluana, è il
“protocollo operativo di distacco dell’alimentazione artificiale” che
la clinica Città di Udine aveva predisposto con ogni cura. Loro erano
certamente disposti ad “accogliere” Eluana (vedi sopra per la vera
traduzione) ma poi è intervenuto Sacconi e il protocollo operativo a
cura dei volenterosi volontari per la libertà di Eluana ha subito
ritardi.

Nel dizionario non mancano la “volontà di Eluana”,
la sua “autodeterminazione”: traduzioni certificate da sentenza di
quello che altri dicono di lei (“di fatto, Eluana continua a non vedere
rispettata la propria volontà”, dice il neurologo Defanti). Si
comprende l’impazienza della curatrice speciale: “Siamo sempre pronti a
valutare qualunque disponibilità purché non rappresenti ulteriore
perdita di tempo”. Cercasi volenterosi esecutori di sentenza di morte.
Astenersi perditempo. C’è in programma la “morte dignitosa” di Eluana
Englaro. Basta ricordarsi che “dignità”, nel novissimo dizionario della
postmodernità eutanasica, significa soppressione di un disabile, per
fame e per sete.

di Nicoletta Tiliacos

mercoledì 28 gennaio 2009

Iniziative del Centro di aiuto alla vita di Roma per la GPV 09





C.S.: ATTIVITA' DEL CENTRO DI AIUTO ALLA VITA DI ROMA PER LA 31MA
GIORNATA PER LA VITA
- DOMENICA 1 FEBBRAIO 2009


Il Centro aiuto alla vita di Roma, nell'anno del suo Decennale, ha
organizzato una serie di iniziative interessanti e particolari, a cominciare da
una presenza territoriale durante la prossima 31ma giornata per la vita che si
svolgerà domenica 1 febbraio.

"I nostri volontari saranno presenti in 12 parrocchie - ha comunicato il
neo Presidente Giorgio Gibertini - ed alla mattina vi sarà la
benedizione delle mamme in attesa, alcune danze per la vita, banchetti con
lancio di palloncini che sorreggono una culla, e nel pomeriggio avremo momenti
di approfondimento e testimonianza"

Le parrocchie che collaborano direttamente col Centro di aiuto alla vita di
Roma
sono:



San Timoteo in via Apelle 1, San Pio da
Pietrelcina via De Lillo 97,San Leonardi in Acilia via Antonelli 1, Spirito
Santo via Rocco Scodellaro 11, Cappellania S. Eugenio Piazzale Umanesimo 10,
Gesù Divin Salvatore via Romolo Giliozzi 31,San Giusepep da Copertino via dei
Genieri 12, Santi Pietro e Paolo Piazza Santi Pietro e Paolo 8,San Giovanni
Antida via Ferruzzi 110,Santa Paola Romana via Duccio Galimberti 9,San Vigilio
via Paolo di Dono 218,Sacra Famiglia al Portuense via Tajan 10.


"In occasione della Giornata per la
vita - ha continuato Gibertini - presenteremo pure la nuova maglietta ed
il logo del decennale con il giornalino appositamente stampato. (vedi
allegato). Nel logo del decennale è richiamato il logo del nostro centro e
sulla maglietta giochiamo con l'acronimo Cav e chi indosserà la maglietta sarà
un Cavaliere della vita".


Il nuovo direttivo del Centro di aiuto
alla vita ha appena approvato una proposta Gibertini per cercare una nuova sede
su Roma, per aprire una ruota degli esposti, per installare un monumento
sepolcrale presso i cimiteri romani e dare degna sepoltura ai bambini abortiti.


"Oltre a queste iniziative
specificate nel nostro giornalino - ha concluso Gibertini - ci tengo a
sottolineare che in questi dieci anni abbiamo aiutato 226 bambini a nascere
strappandoli dall'aborto e che presto apriremo anche il servizio di aiuto
psicologico per le mamme che hanno abortito"


 

info Gibertini Giorgio 3891985056

www.cavroma.org