In questi giorni tutti parlano della ricorrenza dei venti anni dai primi  sbarchi di profughi provenienti dall'Albania e negli occhi di noi meno  giovani, ed anche meno vecchi, è impressa a memoria quella foto della  Nave "Vlora" con questi sconosciuti, cosi simili a noi, che scappavano  verso di noi.
 La storia sappiamo tutti come è andata ed oggi conosciamo tutti le vicende di altri barconi che giungono verso l'Italia.
Io voglio qui riportare un ricordo personale.
Venti anni la gestione di quell'emergenza fu organizzata circa in questo  modo: gli albanesi furono presi e suddivisi a gruppi di piccoli numeri  per ogni comune di Italia.
Al mio paese, Novate Milanese, arrivarono in quattro o cinque.
Si integrarono subito benissimo. Cominciarono a fare i muratori e parlavano già bene l'Italiano grazie alla televisione.
Lavoro e lavoro duro.
Uno di loro giocava a calcetto con noi, era un gran lavoratore ed un  ragazzo spigliato e simpatico. Piano piano ha fatto venire in Italia la  sua famiglia, si è poi sposato con la sua ragazza, ha figli, ha aiutato  tantissimo in parrocchia.
Piano piano ha costruito una impresa e nel paese è rimasto l'unico  muratore: già dieci anni se avevi bisogno di tirare su un muro dovevi  chiamare solo lui perchè solo lui era rimasto.
Piano piano i suoi figli vanno a scuola, lui, da ospite del comune, si è  costruito una casa che sembra un castello e sicuramente è più ricco di  molti italiani.
Piano piano, mattone su mattone, è sceso dalla Vlora e si è costruito il presente ed il futuro.
Non so se dirti, amico mio, auguri in questa triste ricorrenza che ti ha  costretto a nuova vita: che si dice in queste occasioni? Non lo so.
Però da lontano un complimenti ed un abbraccio te lo mando volentieri.
 

 
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