Il commento. Per un quarto d'ora di celebrità
Capita di dire delle sciocchezze: approfittando della lunga diretta tv, Andrea Rivera ha detto delle grandi sciocchezze sul Papa. Abituato a parlare ai citofoni di Serena Dandini, il ragazzo ha perso la testa, si è lasciato andare dimostrando, prima di tutto, di non essere ancora un professionista. Di fronte a queste intemerate, al facile applauso della folla, allo stordimento delle telecamere ci si chiede sempre: cercava l'incidente per avere il suo quarto d'ora di celebrità, per finire sui giornali, per imprimere il suo nome nella nostra memoria oppure, più semplicemente, cercava se stesso? Purtroppo temo sia andata così. Rivera si è abbandonato alle sue convinzioni sicuro di raccogliere l'approvazione del pubblico di piazza San Giovanni, e magari le polemiche del giorno dopo. Come probabilmente farà ogni giorno, nella sua cerchia d'amici, almeno da quando frequenta la tv. E questo succede perché nessuno gli ha mai detto che le sue canzoni sono modeste, molto modeste, che il suo umorismo è fragile, che non basta essere nel cast di «Parla con me» per far ridere. Dalla sua, però, Rivera ha un'arma forte, l'ideologia. Che ti fa credere di essere dalla parte giusta, che ti vieta ogni esame di coscienza, che ti unisce a molti altri giovani che la pensano come te senza bisogno di tanti interrogativi. Dal palco, Rivera ha parlato in automatico, purtroppo, megafono di un pensare logoro e disfatto: non aveva un'idea ma aveva idea di come dirla.
Aldo Grasso
03 maggio 2007
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