L’ultima solenne assemblea di Sichem, al termine del Libro di Giosuè, si chiude con un atto di una semplicità disarmante e, al tempo stesso, rivoluzionaria. Dopo che il popolo ha riaffermato il suo impegno a servire il Signore, Giosuè prende una grande pietra e la innalza “sotto il terebinto, che è nel santuario del Signore”.
A questo punto, la frase chiave, quella che ci interroga oggi, irrompe nel testo:
Giosuè 24:26-27: “Poi Giosuè scrisse queste cose nel libro della legge di Dio; prese una grande pietra e la rizzò là, sotto il terebinto, che è nel santuario del Signore. […] Giosuè disse a tutto il popolo: «Ecco, questa pietra sarà una testimonianza per noi; perché essa ha udito tutte le parole che il Signore ci ha dette; essa servirà quindi da testimonio contro di voi, perché non rinneghiate il vostro Dio1».”
Una pietra può udire? Un albero può testimoniare? Certo che sì, se la loro funzione è incarnare la Memoria, la Stabilità e l’Inconfutabilità del patto umano con il Divino.