lunedì 10 settembre 2007

LA RICERCA E LA BORSA

La ricerca e la borsa
Al mercato delle speranze (e del biotech) - Marina Corradi
Dalle pagine dei quotidiani illustri luminari ammoniscono i lettori resi un po' inquieti da queste faccende di ibridazioni fra bovini e uomini: «Temere la scienza e’ da ignoranti». O esortano: «Bisogna fidarsi della scienza, perche’ i ricercatori hanno un obbligo nei confronti della societa’». I lumi della Scienza, insomma, non devono essere oscurati dai timori di chi istintivamente intravveda, in certe commistioni in provetta, il segno di un confine violato. Superstizioni, via, oscurantismi: di marca, naturalmente, cattolica, e che tentano di mettersi di traverso al radioso avanzare del Progresso. Solo gli ignoranti temono la Scienza. E i camici bianchi dei ricercatori sono sempre e comunque immacolati: sacerdoti del Sapere, pionieri di nuove audaci frontiere, i ricercatori - o meglio i Ricercatori - lavorano esclusivamente per il bene della societa’. Ora, ammesso e non concesso che la scienza in se’ sia naturalmente buona, ci sia concessa qualche riserva sul fatto che lo siano sempre anche gli scienziati. Che in un mondo che al «bene comune» antepone sempre piu’ il personale interesse i ricercatori del biotech siano rimasti gli ultimi ad esser puri, e’ un'idea che ci convince poco. La conferma dei dubbi viene da quanto scrive il professor Angelo Vescovi sul Giornale. I "cibridi" (cioe’ gli ibridi citoplasmatici) che verranno prodotti nei laboratori britannici hanno - per dirla con Vescovi, che oltre a essere un neurobiologo di fama internazionale ha il dono della chiarezza - una centrale energetica di origine animale, e un "pilota" umano. Il che pero’, spiega, pone rilevanti problemi: il dialogo fra i due "sistemi" diversi potrebbe non funzionare affatto, e soprattutto non funzionare nella ricerca su malattie neurologiche come Alzheimer e Parkinson, caratterizzate proprio dalla alterazione delle attivita’ energetiche delle cellule dei pazienti. E dunque per Vescovi tutto il rumore sollevato attorno alla decisione della Hfea «non ha nulla a che fare con l a scienza e i malati, ma con ben altri interessi, anche economici».
E’ un argomento, questo, che il professore solleva spesso, una nota stonata nel coro dei suoi piu’ o meno illustri colleghi che magnificano la trionfale avanzata del biotech che usi le cellule embrionali umane, e l'abnegazione disinteressata di quanti vi si dedicano. Due anni fa, in un'intervista ad "Avvenire" in cui contestava le «grandi speranze» della ricerca su staminali embrionali magnificate dai promotori del referendum sulla legge 40, Vescovi avvertiva che in questo settore c'e’ «un tipo di comunicazione sapientemente manipolata, che probabilmente riceve sponsorizzazioni da quanti possono avere interessi economici in queste attivita’». Diceva di brevetti gia’ depositati in tutto il mondo, in fiduciosa attesa di sviluppi della ricerca. E’ noto, poi, che le societa’ biotech sono quotate in Borsa, e che risentono assai positivamente di certi annunci mediatici - come accadde negli Usa alla societa’ di Robert Lanza, che dopo un annuncio a effetto sulle staminali embrionali vide i suoi titoli crescere in un giorno del 400 per cento.
Che male c'e’, si potrebbe obiettare? Il mercato non e’ il demonio, e anzi fa girare il mondo. Vero, solo che in questo caso il mercato e’ fortemente connesso a una ricerca che ibrida, come pura materia, uomo e animali (proprio nel giorno, per una ironica coincidenza, in cui da Strasburgo severamente si condanna la sperimentazione sulle scimmie). E quando con tanta disinvoltura, e tanta retorica su una Scienza pura e illuminata, si promettono straordinari progressi medici per il futuro - con ricaduta pero’ immediata sulla Borsa - e’ lecito avanzare piu’ di un dubbio. Dal "mercato" ai mercanti di speranze, il passo potrebbe non essere cosi’ lungo.
Avvenire - 7-9-2007

Nessun commento:

Posta un commento