“Quando riprenderai a fare il giornalista a tempo pieno?” mi chiede un amico, giornalista, in coda con me alla Sagra della Bruschetta che si sta svolgendo presso la Parrocchia romana della quale entrambe facciamo parte. “Non lo so – gli rispondo seriamente – dipende se trovo qualcuno disposto a pagarmi abbastanza per mantenere la famiglia” e lui conclude: “Beh allora poi sarai come me, non più libero di scrivere quello che vuoi” e ordina la sua cena.
Il nostro dialogo affettuoso si svolge inconsapevoli del fatto che, a circa 700 km di distanza, a Palermo, Beppe Grillo sta ospitando, via telefono, Julian Assange al Primo Raduno Nazionale dei 5 stelle e i due stanno parlando di questo argomento.
Assange elogia Grillo per aver vinto in Italia “..sbaragliando la stampa corrotta” e poi allarga il concetto alla stampa mondiale: “Le menzogne pubblicate dalla stampa provocano le guerre. Credo che ogni giornalista sia responsabile di almeno 10 morti”.
Concetti duri, forti, che un po’ mi hanno richiamato alla mente le parole del Papa (leggete il mio scorso editoriale, a tal proposito) e la chiacchierata, davanti alla bruschetta, col mio amico giornalista e con tanti altri colleghi incontrati in questi anni.
Ricordo che in uno dei miei tanti viaggi a Sarajevo, durante la guerra, conobbi Emil Grebenar, premio Pulitzer. A lui chiesi come facevano i giornalisti a scattare fotografie proprio nel momento preciso in cui venivano uccise le persone dai cecchini. Lui mi rispose: “Facile, i giornalisti si appostano dietro i cecchini, danno loro i soldi, e quando questi sparano loro “sparano” con le loro macchine fotografiche. Un doppio click mortale.”
Le menzogne pubblicate da certa stampa, dico io, provocano le guerre.
Il Direttore – @giorjolly
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