“Vado a letto presto io” ci
comunica quella ragazza venuta da
lontano “perché voglio svegliarmi per vedere la guerra”
“Hai ragione è vero che è
stanotte – ribatte l’amica di studi – a che ora?”
“Mah ,hanno detto verso le due”
“E su che canale?”
“Penso sul cinque o sull’uno…
secondo me su tutti”
Ascolto allibito questa
conversazione delle due amiche che ho conosciuto questa sera in questa cena
improvvisata posto convegno. Hanno circa la mia età, sfiorano leggiadre i 30
anni, alcune studiano ancora mentre altre già lavorano.
La prima sembra convinta: a letto
presto rinunciando a Zelig Circus per poter essere sveglia per le due di
mattina e non perdersi i primi spari: d’altra parte a qualcosa bisogna
rinunciare.
Rientro a casa in tarda serata e
già Emilio Fede ha iniziato una lunga diretta: non oso guardare gli altri
canali per non vedermi il medesimo spettacolo orripilante di un giornalismo
avvoltoio.
Buona notte.
Ti sveglio il 20 marzo 2003 ed al
bar la gentile padrona già commenta i primi spari. E’ iniziata la guerra. Sì,
siamo in guerra.
“Un cappuccio e cornetto”
“Al cioccolato il cornetto?”
“Con la nutella è meglio”
Eccoci in guerra.
Cosa vuol dire la guerra oggi?
Prendo la moto e mi reco al
lavoro e sotto l’ufficio è spuntato un “imprenditore della pace” che ha
improvvisato una bancarella dove vende tutto quello che è colorabile con
l’arcobaleno: ora le bandiere costano anche 10 euro…. Sai, con la guerra i
prezzi salgono.
Vado alla stazione Termini e
qualche “pacifista” blocca i binari ed allora cosa speri in questa guerra? Di
non dover prendere quel treno e di non trovare, in tutti i viaggi che fai, una
manifestazione che rallenti il tuo lavoro perché tanto che cosa cambia se ti
bloccano il tuo eurostar per Milano? Cambia che io, e gli altri, arriviamo in
ritardo e magari ci incavoliamo anche coi pacifisti
Speri anche che l’aereo che
prenderai domani non incocci contro un esaltato top gun americano perché sai
che alla tua famiglia giungerà un solo biglietto con scritto “sorry”.
In questa guerra speri anche il
mal di testa sia solo dovuto al freddo che si alterna imprevedibilmente al
caldo e non a qualche virus spedito da chissà chi.
Speri anche di dimenticarti le
chiavi dell’ufficio e di arrivare tardi in sede, domani, perché una bomba può
far saltare tutto e magari potranno chiamarti “sopravvissuto”, potrai parlare
in tv, registrarti ai telegiornali e ringraziare, ogni tanto, la tua
sbadataggine.
In questa guerra speri tante cose
perché tanto non l’hai capita ma non puoi farci niente perché l’hanno decisa
altri e te l’hanno imposta ma ti hanno insegnato che le colpe stanno dovunque.
E poi speri che sia solo un
telefilm quello che è iniziato ieri notte alle due perché alzarsi sempre così
presto è fastidioso, il giorno dopo si deve lavorare, ed è come quando i
mondiali di calcio li fanno in quei paesi asiatici che non vedi neanche una
partita.
Ma perché non bombardano in pieno
giorno?
Intanto la mia collega inizia ora
lo sciopero contro la guerra.
Il mio datore di lavoro si chiama
sig. Guerra ma non capisco come mai bisogna scioperargli contro.
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