La "comunità" di Temù, con le frazioni di Lecanù e Molina, nacque certamente dall'antica Dalegno, l'importante insediamento dell'Alta Valle Camonica, che già alla fine del secolo X aveva raggiunto l'autonomia ecclesiastica dalla pieve di Edolo.
Il centro dalignese, sede parrocchiale e ben presto comunale, era costituito dall'attuale Villa, situata lungo la Via Valeriana, che ad essa giungeva dopo aver attraversato un altro notevole borgo, quello di Vione e una successiva statio, poi trasformata nella chiesa campestre di S. Alessandro.
Fu proprio lungo la Valleriana che, sicuramente nel Duecento, ma forse anche prima, si svilupparono nuovi villaggi, in conseguenza della crescita economica e demografica dell'età comunale.
Sul conoide di deiezione del torrente Fiumeclo sorsero così le "ca' noe", le case nuove di Dalegno: si tratta di Lecanù, che costituiva un nucleo stabilmente abitato, cui si aggiunse Molina, sita sull'altra riva del Fiumeclo o forse poco più in là. Tutto ciò attesta la nascita di un centro agricolo di una qualche importanza, che viveva sullo sfruttamento delle prime coltivazioni di costa e sulla conseguente attività dei "molini".
Più a valle, sorgeva un altro agglomerato, poi destinato a divenire il più consistente, che rappresentava un punto di passaggio obbligato per i pastori di Mu, quando dovevano recarsi alla grande malga dell'Avio (ancor oggi in territorio comunale di Edolo, di cui fa parte l'antica Mu). Una serie di contese in proposito, fra gli "uomini" di Mu e di Dalegno, è documentata già verso la fine del Trecento, e ciò lascia supporre un fondamento di verità alla tradizione che vuole le origini di Temù legata a Mu. Un'ulteriore conferma viene dalla dedicazione a S. Bartolomeo della chiesa di Temù, dedicazione tipicamente ospedaliera che può far pensare all'esistenza, come al Tonale e in altri luoghi della valle, di un hospitale, di un ricovero che, alla maniera medioevale, servisse ad un tempo da luogo di cura, ospizio e albergo per i viandanti. E non si può nemmeno escludere, in Temù, una presenza più antica, che in questo periodo abbia assunto dimensioni più stabili e consistenti.
In ogni modo, nel Quattrocento il nuovo insediamento era già sviluppato, tanto che agli inizi del secolo fu un temunese, Giovanni Segalini, a ricoprire la carica di sindaco dell'intera Dalegno.
Temù, ormai in posizione preminente rispetto alle frazioni, poteva verosimilmente contare su un'attività agro-pastorale di un certo rilievo, disciplinata dall'istituto della "vicinia", la comunanza degli uomini "antichi originari" del paese, che deliberava sulle materie di interesse comune e sola poteva ammettere nuove famiglie all'associazione.
I suoi compiti erano di grande importanza: provvedeva all'amministrazione delle terre comuni di pascolo, all'uso dei boschi, alla regolazione delle acque e ai lavori di mantenimento dei terrazzamenti, tanto necessari ai terreni coltivati, divisi generalmente in piccole proprietà. In tal modo Temù, pur dipendendo dal Comune di Dalegno, era in realtà largamente autonoma: la "vicinia" non solo sovraintendeva al delicato equilibrio in una zona in cui drammatica era la lotta dell'uomo contro la natura, fra terre comuni e proprietà private, fra interesse dei singoli e necessità collettive, ma finì per avere compiti più vasti, politici in un certo senso, occupandosi del culto, dell'istruzione pubblica, della mutua assistenza.
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