che anche da dentro quella bara
ci stai sorridendo,
come hai fatto in quella settimana intensa
che abbiamo vissuto insieme,
condividendo tutto:
gioie, dolori, passioni,
famiglie intrecciate,
mentre i miei figli ti chiamavano nonno
e i tuoi cari diventavano i miei.
Che giorni incredibili,
divisi nella stessa stanza,
quasi fosse una vacanza,
quasi fossimo soldati in caserma,
compagni di una squadra del cuore.
E invece
eravamo al secondo piano di Medicina,
al Cristo Re.
Io, fermato da una pancreatite,
tu, lì da troppo tempo,
eppure sempre impeccabile,
pettinato come un lord,
con i tuoi pigiami a scacchi,
e poi quello di Topolino
che ha portato allegria a tutto il reparto
e conquistato le infermiere
con il tuo savoir-faire.
E che ne sanno,
i nostri cari,
di quello che accadeva quando
si spegnevano le luci,
quando finivano le visite,
e noi ridevamo di nascosto
fuggendo da altre pazienti
impazienti di conoscerci….
La battuta sempre pronta,
quello sguardo furbo.
Io ricominciavo a nutrirmi con minestrina,
tu tiravi fuori cipolle e fagioli,
custoditi gelosamente
da chi ogni giorno ti veniva a trovare
e che ora, con la voce spezzata,
mi ha dato questa notizia.
I tuoi consigli sulla vita
profusi col tuo stile di vita
sono il dono che la malattia mi ha fatto,
segno che Dio non manda mai
sofferenze senza uno scopo.
Sono certo che un po’
anche la mia amicizia
ti sia rimasta nel cuore.
Ti vedo già,
oltre la soglia del Paradiso,
con il solito sorriso,
accanto alla tua sposa,
che questa volta sarà lei
a farti la barba
e a porgerti il giornale.
Tienimelo da parte, Norberto,
prima o poi ci ritroveremo tutti,
e tu ci verrai incontro
con le braccia spalancate,
come sempre,
per una festa che non avrà più fine.
Alla faccia della pancreatite che ci ha fatti incontrare,
stasera brinderò a noi.
Cin cin Norberto
getta via il deambulatore
e buon viaggio!
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