Si chiamavano papà Stefano e figlioletto Cristian. Di cognome De Amicis ma questa volta non è una “storia da libro cuore”. Qui il cuore è spezzato, il cuore è affranto, il libro ha finito le sue pagine e non c’è lieto fine. Papà Stefano e Cristian tornavano dallo stadio martedì sera, dopo aver visto uno dei loro grandi amori, la Roma, precipitare inaspettatamente contro i fortissimi giocatori del Bayern di Monaco.
Tornavano a casa dopo la partita sullo scooter di papà. Una macchina dall’altro lato ha azzardato un sorpasso che non doveva fare e li ha travolti uccidendoli. Che cosa c’è di peggio?
Davanti a questo, ed altro, tutto viene ridimensionato. E non solo la buffa, quasi vergognosa, “disperazione” per il capitombolo in casa della propria squadra del cuore. Davanti a tutto questo ci viene ridetto che le tragedie, quelle vere, accadono fuori dagli stadi.
Ci ho messo qualche giorno a scrivere un saluto a Stefano e Cristian perché anche io ero a quella partita ed anche io sono tornato a casa in scooter con il mio caro amico Andrea. Ho immaginato in questi giorni le parole che papà Stefano avrà provato ad usare per consolare il figlio, sicuramente deluso dalla partita. Gli avrà accarezzato i capelli, gli avrà detto che alla prossima partita ci saremmo ripresi, che il Bayern è di un altro pianeta…. che cosa gli avrà detto prima di mettergli il casco e piombare subito nel silenzio della strada e poi in quello della morte?
Addio… ma a Dio chiedo, si può vivere e morire così?
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