sabato 15 ottobre 2011

Invidio alle donne il loro grande cuore, di Pupi Avati

Pupi Avati "Ho un certo disamore per la Mostra di Venezia “Una sconfinata giovinezza” non fu preso in concorso mentre lo meritava. Ben vengano altre opportunità"
Il regista in concorso con una storia d’amore Anni 30 "Superiori all'uomo, capiscono la vita perché la creano"
Mentre racconta de Il cuore grande delle ragazze , in anteprima alla Festa di Roma, viene fuori un Pupi Avati all’ennesima potenza. Quello che non si schiera se non alla regia, per cui «l’unica rivoluzione possibile è quella dei cuori», quello che ammette bolognesamente di fare sempre lo stesso film come il suo concittadino «Giorgio Morandi che sceglieva un oggetto, le bottiglie, e le dipingeva di continuo per avvicinarsi sempre più alla vera forma delle cose», quello che scrittura Micaela Ramazzotti anche per il prossimo set di Un matrimonio , sei puntate per Rai 1, tanto è convinto di aver trovato «la nuova Monica Vitti», quello che provoca «i tradizionalisti del casting» scegliendo cantanti e comici e investe nei film al costo di perderci, come magari gli è successo con l’ultimo, escluso dalla Mostra di Venezia. Insomma, ecco Pupi Avati.
Che cos’è Il cuore grande delle ragazze ?
«Le donne comprendono meglio le situazioni della vita. L’uomo è buono perché infantile, loro perché mature: sanno com’è fatta la vita, la producono. Glielo dice un settantaduenne con esperienza di fidanzate, una moglie da 47 anni, una figlia (e due maschi)».
Il film racconta un amore degli Anni 30, così scatta il paragone con oggi.
«La donna ha guadagnato posizioni sociali. Custodisce dentro di sé il cuore grande ma non lo tira fuori. E l’uomo non lo pretende. Diffidenza e insofferenza reciproca e la pretesa di percorsi individuali e identitari fanno il resto».
Impossibili dunque i matrimoni di una volta?
«Difficili e sotto tiro degli allettamenti del mondo. Una volta per le donne il traguardo era maritarsi, oggi è realizzarsi. Ma forse dovrebbero cercare di più dentro di sé e non nel mercato le risposte».
Oltre a Micaela Ramazzotti, ci sono Cesare Cremonini, Gianni Cavina, Andrea Roncato. Lei porta sempre Bologna al cinema?
«L’imprinting è quello. Nei primi 30 anni della mia vita ho vissuto lì».
Il cantante Cremonini perché come con Vanessa Incontrada o Ezio Greggio e Christian De Sica in ruoli drammatici lei violenta un po’ il mestiere dell’attore no?
«Sì, come Ramazzotti è una scoperta di mio fratello Antonio. Inizialmente ero contrario, poi l’ho visto una sera da Victoria Cabello e parlava con forte accento bolognese. Diceva cose di buon senso, non da rockettaro».
Come ne Gli amici del bar Margherita la musica è di Lucio Dalla, altro bolognese.
«Ha capito che dopo Una sconfinata giovinezza sull’alzheimer avevo bisogno di gioia. Mi ha mandato la musica prima che iniziassi le riprese e io l’ho ascoltata mentre giravo».
Ma questo film prima che a Roma non poteva portarlo alla Mostra di Venezia?
« Una sconfinata giovinezza non fu accolto in concorso e lo meritava. La Mostra avrebbe dovuto promuoverlo per il tema dell’alzheimer. Quel film avrebbe meritato più sostegno e dunque più successo di quello che ha avuto. Così ho un disamore per la Mostra e se ci sono opportunità diverse ben vengano».
Lei è un regista cattolico?
«Vado a messa tutti i giorni. Alle 17,30 mi siedo al banco dove andava mia mamma a San Giacomo a Roma. Lei si era trasferita da Bologna per gestire una pensione in via del Babuino così da darmi una residenza e un indirizzo mentre io andavo in giro coi produttori romani».
Lei non ha mai parlato tanto di Berlusconi. Ora?
«La caduta di Berlusconi farà aumentare la disoccupazione. Centinaia di migliaia di persone vivono dell’indotto. Giornalisti, magistrati, politici...».
Escort.
«Anche. Ho una mia opinione ma preferisco non pronunciarmi. Ci sono già troppi opinionisti. E forse è proprio questo il problema dell’Occidente. Quelli che parlano di ciò che non sanno. Mancano i fatti. Io faccio le cose. Io rischio di perdere due milioni costruendo un film come Una sconfinata giovinezza ».
Li ha persi?
«Non glielo dico».
Quando finisce un film lei ha già in testa il prossimo. Starà certamente lavorando a un altro progetto.
« Una festa da ballo ambientato nel 1954 a Sassomarconi». Ah, sui colli bolognesi: non si smentisce mai!

Nessun commento:

Posta un commento