lunedì 20 giugno 2011

Il treno di notte: tra la Repubblica e Folco Quilici

Alle 0,28 di questa mattina ero ancora a Rapallo per prendere il treno della notte per Roma. Tante persone sulla banchina ad aspettare l'Intercity che arriva in anticipo: buon segno. Il controllore della notte scende e controlla i documenti prima di far salire le persone sui vagoni. Tutto ok. Immancabilmente mi dice che vi è stata qualche variazione di carrozza ma il mio posto c'è, è il 75. "Bussi prima di entrare" mi dice e mi augura buona notte.
Busso primo di entrare e mi auguro buona fortuna: chi sarà il mio fortunato o sfortunato compagno di viaggio, in tutti i sensi, per questa notte? Una irsuta tonda mano nuda apre lo sportellino per farmi entrare: la scena è da brivido: un tondo corpo sudato in boxer bianchi giace addormentato sul lettino di sotto. Corro subito ai ripari, ovvero al piano di sopra, e mi rifugio nel mio lettino tenendomi tutto addosso ed agganciandomi alle due corde che sorreggono il lettino. Non ho un buon rapporto con il treno della notte. La scorsa settimana ho dovuto dormire con una coppia di Napoli e la loro figlioletta in uno scompartimento a quattro. Sono anche consapevole che sia la famigliola di Napoli sia il mio compagno di sotto di questa notte possano dire la stessa cosa riferendosi a me. Spengo la luce. Un messaggino a mia moglie e buona notte a tutti.
Il treno corre veloce sento che si ferma ma non capisco dove. Gli sballottamenti sono continui. Fa caldo ed il sudore è come l'aria calda, sale verso l'alto.
Bussano alla porta e sono le 5.28. Il bigliettaio notturno viene a liberarmi ed in soli trenta secondi sono in piedi, scarpe indossate, faccia sciacquata e merendina con succo in brick già digeriti. Il treno sosta poco dopo Ostiense: siamo arrivati presto. Prendo un caffè: è compreso nel prezzo. Sui passamani, a disposizione di tutti, una copia gratuita de La Repubblica. Questo lo scrivo soprattutto per giustificarmi verso tutte quelle persone che questa mattina mi hanno visto arrivare in ufficio con quel giornale sottobraccio: non sto accodandomi al carro dei vincitori, me l'hanno regalata, altrimenti sapete bene che mai e poi mai comprerei la Repubblica ma mi tufferei, allo stesso prezzo, su Il Fatto Quotidiano: meglio l'originale no? Di la Repubblica non riesco neanche a leggere i titoli ma tengo una copia sotto braccio.
Anche un grande signore, distinto, esce dalla cabina notte e si mette in corridoio ad attendere l'arrivo in stazione. Ci scambio i saluti di rito. Lo guardo. Mi sembra qualcuno e pure la sua voce mi parla ma alle 5.58, dopo una notte con Shrek bianco, chiunque può sembrarmi qualcun altro.
Arriviamo a Termini ed il bigliettaio ci passa alle spalle: Il signore distinto, in modo simpatico, gli dice "Lei deve sempre rimanere cosi magro per poter passare qui" e difatti lo spazio tra il vetro e le cabine è così stretto che non mi azzardo a superare il gentiluomo. In fila per scendere scovo su un sacchetto di cartone della Marina Yachting la scritta "Folco Quilici".  Beh, mi dico, se anche lui prende questo treno, mi posso lamentare io? Lo saluto che siamo a Termini. Avrei voluto stringergli la mano, chiedergli un autografo, una raccomandazione, una foto, una prefazione al mio prossimo libro ma non lo disturbo e lo lascio in pace al suo mondo. Giungo a piazza del Collegio Romano che sono da poco passate le sei. Una donna dorme vicino all'ingresso coperta di cartoni e giornali. Le regalo "La Repubblica" pensando: ti potrà servire per domani e, andandomene in ufficio, penso proprio che non ci si può mai lamentare perchè c'è sempre chi sta peggio di te o chi, comunque, ha dormito peggio di te.

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