Vivere e basta. L’altro giorno è uscito un album di Vasco Rossi, intitolato Vivere o niente che riassume questa sua filosofia che è poi la filosofia del nostro tempo. Vasco è un cantante esistenziale ed ha avuto una lunga e larga influenza come maestro del pensiero spensierato. È uno dei testimonial del nichilismo pratico in voga: velocità, droga, vita spericolata e piena di guai ma vuota di senso. Vivere al massimo, perché la vita è un nulla nelle mani del caso. Non esistono verità eterne, meglio donarsi al diavolo, sostiene Vasco nel suo manifesto futurista. Poi però quando canta, il cattivo maestro sa essere accattivante e sa entrare nell’anima, pur dicendo che l’anima è solo chimica. Vivere o niente è uscito nello stesso giorno di Vivere non basta , un libro uscito nel più assordante silenzio, che svolge la tesi esattamente opposta a Vasco Rossi.
Seneca contro Vasco. Vivere non basta sostiene, al contrario, che la vita ha un senso e un destino, che non siamo solo chimica ma anche anima. E che la vita va dedicata e non solo vissuta, che bisogna darsi un compito per vivere e per non perderci nel caos e nel caso, o nelle sole pulsioni biologiche e animali. Vasco Rossi è l’ispiratore a rovescio di questo testo, di cui ometto l’autore, ma insieme a tanti cattivi maestri: pochi di loro sono filosofi, piuttosto si tratta di mariedefilippi, fabrizicorona, madonneciccone. Ecco il bipolarismo esistenziale del nostro tempo, altro che destra e sinistra, berlusconiani e antiberlusconiani. Molti pensano che il ribelle sia lui, Vasco, ma lui in realtà induce a conformarsi a questa società emotiva e disperata, che vuol vivere al massimo e pensare al minimo: vivere la vita come un’esplosione di energie e una discarica di eccessi, sregolata e insensata. Vasco riceve in giro lauree honoris causa .
Se Vasco il cantautore tiene lectio magistralis all’Università – notavo altrove – allora Ratzinger il dotto tenga un concerto rock al Palaeur. A uno la laurea honoris causa , all’altro la lode canoris causa . Però il ribelle non è Vasco, ma Seneca. O Ratzinger. Perché pensare ad alta voce è oggi il vero atto osceno in luogo pubblico. (di Marcello Veneziani – ilgiornale.it)
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