Marcello Veneziani io lo conosco. Filosofo della destra, è apparso dopo gli anni Ottanta quando la destra conquistò il potere con Berlusconi... da trascinador con un partito e tre television. Strano caso di parruccone moderno. Assomiglia fisicamente a un mio amico psichiatra. Fisicamente una figura gradevole di uomo deciso e sicuro. L’aspetto di un uomo serio. Non come tutte le facce di quei filosofi di sinistra un po’ trasandati o belli come Bonaga. Non pomposo o pedante eppure sempre un po’ pesante. Naturalmente molto intelligente e con una logica acuta e stringente, affronta solitamente gli argomenti con grande chiarezza. Il problema è che quando questi filosofi, o meglio professori di filosofia, parlano di canzoni, non essendo il loro linguaggio non ne capiscono niente e finiscono per dare significati completamente opposti a frasi, espressioni e concetti. Arrivando a prendere veri e propri abbagli. Imbarazzanti prese di otto per diciotto.
Stabilendo arbitrariamente che il titolo Vivere o niente sia un invito a una vita senza senso e vuota di significato, cita subito un titolo di un libro uscito proprio in questi giorni, Vivere non basta, che afferma ben altri concetti e valori positivi.Il fatto è che Vivere o niente non significa affatto quello affermato dal filosofo ma esattamente l’opposto. Qualsiasi ragazzino di vent’anni che lo ha ascoltato oggi glielo potrebbe confermare. Si tratta invece più o meno dello stesso concetto. Vivere o niente non significa «niente» o confusione ma è un aut aut. Significa scegliere e decidere di vivere una vita piena e intensa. Vivere con passione. Altro che vivere non basta...
Vede, io non so come lei si ostini a vedere in me un modello negativo, un esempio di vita sbagliato, un nichilista. Espressione tanto lontana da me che ho amato la vita vissuta, stravissuta, quanto il sole dalla luna. Ma mi guardi in faccia. Ho 59 anni suonati. Le sembro uno che ha buttato via la propria vita bruciandola senza un’ombra di regole in confusione mentale, senza principi o etiche in totale e perenne preda di passioni? Vuole vedere le mie analisi del sangue dove i valori del mio fegato sono quelli di un bambino?
Lei sa che ho una compagna con cui vivo da venticinque anni e con lei ho costruito una famiglia? Ho un figlio splendido. Sa che mantenere in piedi un rapporto, un progetto, un matrimonio, un patto costa molti sacrifici? Costa ad esempio non permettere di lasciarsi innamorare di un’altra persona. Perché a quindici anni è un conto, ma a trenta ti puoi controllare. Sa, invece, che pare questa sia la causa primaria delle separazioni e dei divorzi, a sentir cinguettare mature signore la domenica pomeriggio in ogni salotto televisivo? Sostenute da vuote figure di conduttrici le si sente apprezzare giustificare e comprendere questo motivo di separazioni di coppie, senza alcun rispetto per il dolore dei figli i loro problemi completamente ignorati e sacrificati sull’altare del proprio orgoglio e della propria vanità.
Sa che mantengo tre famiglie? Che la provvidenza mi ha regalato altri due figli nati da precedenti occasionali rapporti? Che regolarmente ed orgogliosamente li ho riconosciuti provvedendo ad ogni loro necessità e amandoli? Sa che pago le tasse e ho mantenuto la mia residenza in Italia quando potevo prenderla a Montecarlo o alle Bahamas? Sa che a Bologna sono risultando, un anno, il maggior contribuente? Sa che la mia società (che naturalmente ho costituito per evadere le tasse, secondo le candide dichiarazioni di un alto funzionario statale che così facendo non ha offeso certo me che non ho alcuna reputazione da difendere, ma tutte le aziende italiane che tengono in piedi questo Paese) la mia azienda, dicevo, dà lavoro fisso a una decina di dipendenti? Senza contare l’indotto dei concerti per i quali migliaia di persone vengono assunte?
Niente è come sembra. E lei lo dovrebbe sapere. Pensa che dietro questi capelli spettinati, quest’aria da squinternati, non ci siano degli artisti seri, dei professionisti che svolgono con precisione e attenzione il loro mestiere di creare spettacoli, trascinare e comunicare emozioni, portare gioia per una notte a centinaia di migliaia di ragazzi resi disperati dalla preoccupazione di doversi affacciare in un mondo derubato, spogliato, disorganizzato e male amministrato da generazioni di corrotti, avidi e falsi amministratori che si sono alternati alla guida di un Paese e che ricevono oggi titoli altisonanti, laute pensioni e privilegi quando secondo la mia elementare logica montanara dovrebbero come minimo essere ritenuti responsabili della situazione di oggi?
Lei è chiaramente ancora vittima di quel pregiudizio demenziale che un mediocre giornalista mi affibbiò così a prima vista, quando mi vide apparire a Domenica in con degli occhiali fumè e mi sentì cantare la dionisiaca voglia di divertirsi di quegli anni... Non so se ricorda la Milano da bere... Mi definì drogato (le risparmio gli altri insulti gratuiti e offensivi alla mia persona, non al mio ruolo badibadi ben) e quel marchio così spaventoso per le mamme, le famiglie che a quei tempi vedevano i figli distruggersi con l’eroina decretò la mia condanna civile, il mio esilio dalle orecchie della gente. Era pericoloso ascoltare le mie canzoni. Inneggiavano alla droga. Vita spericolata, una canzone che inneggia alla vita vissuta pericolosamente piena di avventure e piena di significato, divenne sinonimo di vita drogata. Incredibilmente. Nulla in quella canzone ha dei riferimenti alla droga. Nemmeno metaforici o figurati.
Per quanto riguarda la mia laurea honoris causa e le mie lectio magistralis che sarebbero a suo opinabile parere pagliacciate come un papa Ratzinger che canta al Palasport, oltre a farle notare che la laurea l’ho ricevuta in Scienza della comunicazione, aggiungo che se lei non pensa che la meriti venga a Milano a vedere San Siro per quattro giorni pieno di ragazzi felici ai quali comunico emozioni e mi pregio di farle notare che è proprio di questi giorni la notizia che papa Ratzinger ha formulato una molto poco divina richiesta di depositare il copyright della propria voce. Un diritto di esclusiva, per l’amor di dio. Certamente se io avessi lo stesso tipo di problemi o di contraddizioni ora starei pensando di stipulare una buona polizza assicurativa sulla vita... eterna! Magari poi c’è...
Si rilassi, legga i suoi libri e non si occupi di canzoni. Quelle non vanno lette o interpretate. Vanno ascoltate con le orecchie e col cuore. Solo così se ne capisce il senso. Ma occorre spegnere il cervello e lasciarsi andare. Poi occorre un po’ di sensibilità. Quella che forse a lei difetta un po’. Considerato che non le occorre certo per esercitare quella sua lucida, perfetta, affascinante ed implacabile logica.
Vasco Rossi su Il Giornale del 01 aprile 2011
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