lunedì 10 marzo 2003

I 9 mesi più belli della nostra vita

Gli amici di Genova mi invitano a parlare di Eutanasia, tema a me molto caro, sia agli insegnanti di religione della città ligure, sia al gruppo giovani che sta crescendo incredibilmente bene.
Adoro parlare di questo tema anche se, nelle mie conferenze, parlo più che altro di morte: la bellezza della morte, la sacralità della morte, la inevitabilità della morte. Mi faccio aiutare da alcuni brani rubati alla letteratura italiana: di Mario Biondi leggo la Morte del Poeta; di Giovanni Papini il capitolo XI del Libro su La Morte; dal Manzoni il brano della madre di Cecilia contenuto ne I Promessi Sposi. Ai nostri classici chiedo aiuto a Seneca al capitolo XI del De Tranquillitate Animi: vivrà male chi non saprà morire bene. Questa frase la leggo e la rileggo sempre e mi tormenta ormai da anni. Vi lascio questo tormento. Poi arrivo al tema dell’eutanasia facendo aiutare da Giorgio Ruffilli in La morte e l’Aids; da Elizabeth Kubler Ross (La morte è di vitale importanza) ed infine da Marie de Hennezel con “La morte amica”.

Dopo questa bibliografia, che volutamente vi ho voluto donare per la vostra lettura serale, parlo di cure palliative e della richiesta di eutanasia che arriva da noi, sani, che abbiamo oggi paura della malattia, della sofferenza e della morte.
Che non sia una richiesta che proviene dai malati terminale lo dimostrano i dati dell’Istituto dei Tumori di Milano pubblicati il 18 aprile 2001: su 900 malati di tumore uno solo ha richiesto l’eutanasia ed anche lui, riportano i quotidiani, una volta curato bene (con amore e cure palliative) ha rinunciato a morire ma ha scelto di essere accompagnato alla morte.
Non si può parlare di aborto se prima non parliamo della Meraviglia della vita umana.
Non si può parlare di eutanasia se prima non parliamo del rispetto della vita morente e della morte.
Questo mio approccio lascia tutti molto sorpresi ma anche, devo ammetterlo, affascinati.
Una professoressa prende la parola dopo la mia “lezione sulla morte”, come l’ha chiamata lei e mi dice: “Io ho avuto una madre malata terminale. Dovevamo farle tutto. Lavarla, alzarla, darle da mangiare. Era in ospedale. Ma ci siamo consultati con le sorelle e l’abbiamo presa in casa e curata noi. Mi creda, sono stati i nove mesi più belli della nostra vita”.
Questa testimonianza da sola varrebbe un’ora delle mie chiacchiere.
Mi limito a ringraziare la professoressa ed a farle notare la strana coincidenza, ovvero i 9 mesi che ci vogliono, in teoria, per partorire ed i suoi nove mesi.

L’aborto e l’eutanasia sono il rovescio della stessa medaglia, cosippure la vita e la morte sono il rovescio dello stesso bellissimo e sacro mistero.

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