Me li immagino, il 17enne e la 15enne, che vivono la loro
storia d’amore, si “amano” come oggi è troppo facile, e forse d’obbligo,
cominciare a fare da adolescenti e poi lei che corre in farmacia, si compra il
test di gravidanza…. Lo riprova chissà quante volte col cuore che batte ed
attaccata al cellulare con lui dall’altra parte che le dice: ma sei veramente
sicura? Sì, è positivo… aspetto un figlio…. Me lo immagino il panico di quelle
ore come se la possibile guerra in Irak fosse nulla, come se i morti per Aids
fossero nulla, come se il passato superato coraggiosamente fosse nulla: che
cosa sono tutti i mali del monto a confronto con una gravidanza indesiderata?
Me li immagino i loro pensieri di paura al pensiero dei
rispettivi genitori, degli amici, dei compagni di scuola, dei vicini di casa:
che vergogna deve essere rimanere incinta a 15 anni col fidanzatino di 17,
magari al primo colpo, magari la prima volta.
Me la immagino questa società attorno incapace di dare
loro non risposte serie…. Ma che cosa interpellate gli psicologi o gli
indovini, qui non c’è bisogno di “risposte” ma di accoglienza!
Ecco che cosa manca in questa società.
Dico, e ripeto, insisto, “me li immagino”, perché questi
due ragazzi di Rivoli hanno il volto delle centinaia di ragazzi che incontro in
giro per l’Italia: la loro freschezza, la loro bellezza, la loro purezza, la
loro confusione, la loro voglia di verità, il loro desiderio di amare ed essere
amati, l’unico motivo per cui sono stati creati.
Me li immagino nei volti dei ragazzi incontrati nelle
scuole…..che ti dicono che per loro “fare sesso” è un bisogno fisiologico….. mi
è capitato anche questo….e che parlano di preservativo come si parla di gomme
da masticare, o di un fedele compagno di viaggio.
Me li immagino… e provo ad abbracciarli alla distanza.
Lui, il 17 enne, verso il quale i giornali si sono divertiti a scavare nel
passato della sua malattia superata, dei suoi genitori separati, e di chissà
cos’altro troveranno ma nessuno ha pensato ad accoglierlo ed a dirgli la
verità.
Lei, ragazzina, figlia e mamma contemporaneamente, a 15
anni quando tutti di solito ti
domandano: ma a 15 anni come ci si fa ad assumere la responsabilità di una
figlia? Perché, assumersi quella di uccidere è molto più facile? La vedo lei
nel volto della ragazza del primo bianco, pulita e bella ogni giorno di scuola.
E poi il grande escluso, lui, il figlio che vive dentro di
lei, che ringrazia il giovane papà d’averlo messo al mondo e la mamma che lo
ospita, anche se è un po’ indecisa.
Infine le assistenti del consultorio che, una volta ogni
tanto, seguono la legge e consigliano di coinvolgere anche i rispettivi
genitori in questa scelta.
L’epilogo della storia la sappiamo tutti. Lui, il 17enne
si impicca per paura che i genitori vengano a scoprire il fatto. I genitori si
infuriano con quelli del consultorio e forse ci sarà denuncia. La madre ed il
figlio attendono: che cosa succederà?
Non voglio entrare nel merito della storia e nemmeno fare
previsioni su quello che potrà accadere. Dico solo che sfogliando i giornali e
sentendo commenti nessuno ha chiamato il ragazzo col suo vero nome: padre.
Tutti lo chiamano il diciassettenne, l’irresponsabile, il fidanzatino ed altro
ancora. Nessuno gli ha detto la parolina magica: tu sei padre. Questo, ne sono
sicuro, avrebbe salvato sicuramente la sua vita e quella di suo figlio.
Riposa in pace, ragazzo come noi, nostro fratello, figlio
ed insieme padre.
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