mercoledì 2 novembre 2016

Dobbiamo fermarci per “i morti” non “ai Santi”

Non ho tanti morti a Roma perchè qui non ho parenti e i pochi amici che mi sono creato col tempo, grazie a Dio, sono ancora vivi. I morti sono pochi e già li vado a trovare gli altri giorni, quelli a Roma come il piccolo Matteo Bramucci o Giuliano Gennaio, e ho mandato un pensiero al poeta che temeva la morte, Liberale Buracchini, ma che è sepolto lontano, a Sinalunga. 
I nonni, mio suocero, vivono il loro riposo eterno lontano, molto lontano. 
Allora oggi, come ha suggerito Papa Francesco, sono entrato in un cimitero a caso, sono arrivato davanti ad una tomba a caso e ho portato il mio Eterno Riposo a questa persona. Non ricordo neanche se fosse maschio o femmina: non ho guardato. Pregando per lui/lei ho pregato per tutti i defunti. 
Dovrebbe essere questo il giorno di Festa, inteso come sosta, senza lavoro, tutti a casa a oziare (alla latina) a pensare al senso della nostra vita, al nostro esserci ora e poi, il tempo di una scossa, non esserci più. 
I Santi non sono da festeggiare con un giorno di chiusura delle scuole e del lavoro: i Santi sono dinamici, ci ricordano che possiamo diventarlo anche noi. I morti invece sono fermi, ci ricordano che lo saremo anche noi e che quindi non vale la pena correre per passare col giallo quasi rosso rischiando di schiantarsi o di investire uno sconosciuto e spezzare una vita, distruggere una famiglia. 
Oggi è il giorno per fermarsi. Proprio tu, Papa Francesco, porta anche questa piccola “rivoluzione”. Io ho “festeggiato” oggi, io mi sono fermato oggi, nel vero luogo del silenzio, davanti a una tomba che non conoscevo ma ho conosciuto qualcosa in più di me stesso. 
Il direttore

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