UNA NUOVA GENERAZIONE DI POLITICI CATTOLICI PER IL NOSTRO TEMPO.
A chi può interessare, in questo momento storico di nera crisi economica e soprattutto di forte disaffezione verso la politica, un libro che auspica una nuova generazione di cattolici impegnati nella politica. Per la verità di libri che dibattono su politica e mondo cattolico, ne abbiamo visti molti, ma quello di Giorgio Gibertini, “Per una nuova generazione di politici cattolici”, Sugarcoedizioni (2013 Milano, pag. 155, euro 15,50) potrebbe essere un prezioso manuale sia per coloro che, intendono affacciarsi al complicato mondo della politica, sia per chi fa già politica ed ha bisogno di riflettere sul proprio operato.
Il testo di Gibertini si articola su cinque punti fondamentali, ognuno dei quali impegna un intero capitolo, ecco i temi affrontati: “perché i cattolici dovrebbero impegnarsi in politica; qual è il rapporto tra laicità e bene comune e qual è il ruolo della Chiesa cattolica; quali virtù o per lo meno quali caratteristiche deve avere un politico cattolico; quali consigli operativi possono essere dati alla nuova, auspicabile, generazione di politici cattolici; e infine perché Dio ha bisogno degli uomini per realizzare il suo progetto sulla terra”.
Per Gibertini i cattolici impegnati in politica non possono mettere da parte i loro principi, dando così luogo ad un relativismo pratico e opportunistico, volto solo a garantire il proprio bene individuale e non certamente il bene comune.
Il testo in ultima analisi, “è un saggio efficace- scrive Paola Binetti nella prefazione - per riflettere e per ricordare a cosa si impegnano i cattolici prima di tutto come cattolici, in virtù della loro vocazione cristiana e poi come politici che sottoscrivono con il Paese un vero e proprio patto per il bene comune”.
E’ opportuno soffermarsi sul 4 capitolo del libro, dove l’autore dà dei “Consigli operativi alla nuova generazione di politici cattolici”.
La Chiesa esorta i laici cattolici, alla nascita di una nuova generazione di politici cattolici, in particolare, il cardinale Angelo Bagnasco sogna di vedere una nuova classe dirigente cattolica. Il cardinale traccia l’identikit del cattolico impegnato in politica:“Cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni(…)una nuova generazione di cattolici, persone interiormente rinnovate che si impegnino nell’attività politica senza complessi d’inferiorità”. Una presenza però che non “s’improvvisa”, come ha ben detto Benedetto XVI in una lettera per l’apertura dei lavori delle “Settimane Sociali” in Calabria nel 2010. Ma anche il beato Giovanni Paolo II, nel 1985 si era espresso allo stesso modo a Pavia presso il Collegio S. Carlo.
La necessità di guide, di “persone nobili” di “italiani seri”, come il beato Faà di Bruno, è una esigenza abbastanza diffusa oggi. “E’ un obiettivo a cui deve tendere un cammino di formazione intellettuale e morale”. Gibertini accenna alle cosiddette e sedicenti“Scuole di formazione politica”, che gli hanno lasciato “addosso niente”, e non tanto perché era distratto durante le relazioni. Scuole nate male, spesso fatte per “passerelle per politici emergenti o in via di pensione che venivano, intervenivano parlando prevalentemente di se stessi e delle loro innumerevoli iniziative, e se ne andavano prima delle domande, sempre ovviamente perché avevano impegni inderogabili precedentemente assunti”. Io stesso ho assistito a discorsi di certi politici, più o meno navigati, che tiravano fuori certe categorie, tipo la famiglia, ad uso e consumo delle campagne elettorali, per poi essere dimenticate immediatamente una volta eletti.
Gibertini pensa ad altri tipi di scuole che abbiano un esame finale, che rilascino attestati, non di partecipazione, ma di conoscenza delle basi per cominciare a fare politica in Italia, in Regione, al Comune, in Europa.
Il testo di Gibertini da alcuni suggerimenti, con l’intento di aprire un dibattito, di avanzare qualche idea, senza pretendere di organizzare un manifesto politico. Il primo efficace suggerimento di Gibertini è quello di “comportarsi come si comporterebbe Gesù in ogni sua situazione” e facendo proprio l’insegnamento di Benedetto XVI, scrive che bisogna “vivere come se Dio esistesse”.
Chiaramente nel Vangelo non c’è scritto come bisogna risolvere il singolo problema politico, anche la Dottrina Sociale della Chiesa, non si presenta come un “prontuario di soluzioni predefinite, ma propone un modello di azione e di educazione politica che Giovanni XXIII sintetizzò nei tre momenti di vedere, giudicare, agire”. Interessante a questo proposito quello che ha scritto don Luigi Giussani: “Non è compito di Gesù risolvere i vari problemi, ma richiamare alla posizione in cui l’uomo più correttamente può cercare di risolverli”.
Il libro di Gibertini cerca di chiarire la questione del voto del cattolico al singolo partito. Una scelta però che deve tenere conto dei cosiddetti “valori non negoziabili”, (vita, famiglia e libertà di educazione), tanto cari alla Chiesa.
Gibertini cita monsignor Giampaolo Crepaldi, tra l’altro autore di un interessante libro, “Il Cattolico in politica. Manuale per la ripresa”, dove invita a guardare non tanto le persone che fanno parte del partito, ma al Programma. Peraltro, “la presenza in un programma di partito del diritto all’aborto e di politiche di lotta alla povertà non hanno lo stesso peso morale e nemmeno politico”.
A questo punto il libro della Sugarcoedizioni fa un chiarimento interessante sulla questione dei principi non negoziabili. A volte si potrebbe dare l’impressione che noi cattolici siamo monotematici e che quindi non abbiamo maturità politica, un Paese non si può governare con un solo tema, perché esistono diversi e complessi problemi. La questione è venuta fuori al tempo della lista “Aborto? No Grazie”, voluta da Giuliano Ferrara, direttore de “Il Foglio”. E’ evidente che la vita politica non è mai monotematica, ma è sempre sintesi di complessità, ma“dare la priorità ai principi non negoziabili non significa trascurare gli altri, ma privilegiare gli architravi della costruzione politica senza dei quali tutto crolla”. Peraltro, secondo Gibertini,“i principi non negoziabili illuminano anche tutti gli altri che, se non sono affrontati nel rispetto di quelli, non possono venire adeguatamente risolti”.
Gibertini invita a non rifugiarsi nell’astensionismo, perché questo è un regalo alla cosiddetta casta; la disaffezione dalla politica si combatte partecipando alla politica stessa. Tra i suggerimenti che offre ai politici c’è quello di usare i mezzi pubblici, in questo modo avranno l’opportunità di poter verificare l’”umanità che attende risposte”, i problemi reali della gente comune, dei giovani, delle mamme dei padri, degli anziani. Aiuta a restare “casti”, “non inteso come casta”, ma semplici come sono tutte le persone che guadagnano molto meno dei politici ma hanno gli stessi loro diritti, doveri e soprattutto la loro stessa dignità.
Infine Gibertini consiglia ai politici di essere grandi comunicatori, e soprattutto di valorizzare l’esistente, come quello di aiutare il Forum delle associazioni familiari, che fa un ottimo lavoro per sostenere la famiglia come bene fondamentale della società. Poi ci sarebbe il grande tema della santificazione attraverso la politica, una possibilità che non deve essere trascurata, ma di questo argomento ne parliamo una prossima volta.
S. Teresa di Riva ME, 5 gennaio 2014
S. Amelia martire DOMENICO BONVEGNA
domenico_bonvegna@libero.it
http://www.cristianocattolico.
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