Vorrei esprimere tutta la mia solidarietà all’influenzata Barbara D’Urso che, tossendo e starnutendo in un video assai condiviso su Internet, si scaglia con la forza di cento raffreddori contro Trenitalia, colpevole di non averle ancora spedito la tessera di platino che le consentirebbe di attendere il treno al calduccio della sala vip invece che sul marciapiede della stazione, in balia di refoli gelidi come sorbetti. Una vergogna. Tanto più - e la conduttrice ci tiene giustamente a sottolinearlo - che l’aggressione batteriologica di cui Trenitalia è complice con la sua ignavia va a colpire un organismo già fiaccato da cinque ore al giorno di diretta pomeridiana. Una minaccia costante per il fisico, sottoposto al continuo logorio dei casi umani.
Si consoli, la signora: sono i costi della celebrità. Solo le persone comuni hanno la possibilità di percorrere ogni giorno delle tratte come la Bergamo-Milano (e ritorno, forse) con mezzi di trasporto che nulla hanno da invidiare alle suggestive locomotive a vapore. Stipati in vagoni che attingono al più ecologico dei riscaldamenti, l’alito, questi autentici privilegiati non conoscono malattie respiratorie né altre patologie della civiltà. Vivono in un microcosmo allietato dalla speranza: che domani il treno arrivi, o almeno che parta. Sono persone semplici, sane, felici. A volte appena un po’ furibonde, ma sempre con classe. Terza classe. In possesso di una speciale tessera di platino che le mette al riparo da un malanno ultimamente piuttosto diffuso: le cadute nel ridicolo.
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