sabato 10 dicembre 2011

I miei 112 anni di Storia Italiana

Il compleanno di Emma, che ha visto di tutto: dal Regno al Berlusconismo. E 10 Pontefici
Oggi compie gli anni la nostra connazionale che è nata quando Umberto I era re d’Italia e il generale Luigi Pelloux presidente del Consiglio. Che aveva quindici anni e mezzo quando l’Italia dichiarò guerra all’Austria Ungheria. Che è diventata maggiorenne - ventun anni - con il quinto governo Giolitti, due anni prima dell’avvento del fascismo. Che è andata in pensione quando presidente del Consiglio era Mario Scelba, un democristiano, e che ha compiuto cent’anni quando a palazzo Chigi c’era invece, per la prima volta, un post comunista: Massimo D’Alema. Se poi vogliamo chiudere il cerchio, diciamo che ha compiuto 110 anni con Silvio Berlusconi premier.
Emma Morano è dunque riuscita a sotterrare anche l’era berlusconiana. Oggi compie 112 anni: ha visto tutto, dal regno d’Italia al governo tecnico. «Vuole un gianduiotto?»: è la prima cosa che mi dice (la seconda è «Vuole un bicchiere di vino?») quando alle dieci del mattino entriamo in casa sua, a Pallanza, in un vicolo di fianco alla chiesa. Casa sua, perché Emma Morano non ha bisogno di stare in un istituto. E neppure di una badante. Una nipote va a trovarla al mattino, una vicina il pomeriggio. Per il resto, fa da sé.
Se i calcoli non sono sbagliati, è la terza persona più anziana d’Italia. Ma la prima e seconda - due donne appunto, perché si sa che le donne ci seppelliscono - stanno tutte e due in casa di riposo: la più vecchia in Veneto, l’altra in Lombardia.
Sono nata il 29 novembre 1899 a Civiasco, provincia di Vercelli. Com’era l’Italia di allora? Povera. Io mi ammalavo in continuazione. Un dottore mi disse che dovevo cambiare aria e allora sono venuta a stare qua, sul lago Maggiore». Evidentemente i medici di allora sapevano fare diagnosi e prescrivere terapie anche senza tac e risonanze magnetiche: fa un certo effetto trovarsi di fronte a una contemporanea di illustri personaggi conosciuti sul sussidiario delle elementari. Quando Emma Morano è nata, Giuseppe Verdi era ancora vivo; Giovanni Pascoli aveva 43 anni e Giosuè Carducci ne aveva 64, tanti quanti ne ha oggi Roberto Formigoni.
Le chiedo che cosa ricorda delle tante Italie che ha visto. «Quando è scoppiata la Prima guerra mondiale ero una tuseta... Stavo a Villadossola e avevo un fidanzato: lo chiamarono per il fronte e non è più tornato. Morto. Così ho dovuto sposare un altro». Sto per chiederle perché mai abbia «dovuto», ma lei mi precede facendomi capire subito com’è cambiata l’Italia, da allora, soprattutto per le donne: «Era uno di qui, del lago. Io non volevo sposarlo, ma lui mi ha obbligata». Come? «Abitavamo nello stesso cortile e lui un giorno mi mandò a chiamare da sua madre: “Vieni che Giovannino ti vuole parlare”. Io ci andai e lui mi disse: “Se ti va bene mi sposi, se no ti ammazzo”. Avevo 26 anni. Mi sposai».
Non fu un matrimonio felice. Nel 1937 nacque un bimbo, ma morì dopo sei mesi. La signora Emma racconta brutte storie di maltrattamenti: forse allora le donne subivano di più, ma lei trovò la forza per ribellarsi. «Nel 1938 mi sono separata, credo di essere stata una delle prime in Italia». Il marito è morto nel 1985. Lei porta ancora la fede al dito.
«Il fascismo me lo ricordo perché continuavano a fare sfilate, cortei. Non avevamo tutte le cose che ci sono adesso. Io facevo l’operaia al Liutificio Maioni di Pallanza. Confezionavo i sacchi. Ero bella, eanche molto corteggiata. Il direttore dello stabilimento aveva perso la testa per me. Si era innamorato. Un giorno mi disse: domani vengo a trovarla. Io risposi di no. Allora lui lasciò la fabbrica e se ne andò via. Non era facile a quei tempi, per un’operaia, dire di no al direttore».
Il suo libretto di lavoro farebbe inorridire la Merkel e Sarkozy, e sicuramente spaventerebbe anche il nuovo ministro Fornero: Emma Morano è in pensione dal 1954, l’anno in cui in Italia arrivò la televisione. «Allora - racconta - le donne andavano in pensione a 55 anni». Insomma questa donna ha trascorso da pensionata più della metà della sua esistenza. Un incubo per qualsiasi sistema previdenziale.
«Sono contenta», dice, «della vita che ho fatto. Il periodo più bello è stato la giovinezza: niente di particolare, ma andavo a ballare il valzer, ed ero felice così. Adesso sono tranquilla, le gambe un po’ molli, ma non prendo una medicina. Mangio tre uova al giorno e per digerire bevo la grappa che mi preparo io: la metto in un vasetto con sette foglie di salvia, un mazzetto di erba ruta e un po’ di uva. Poi la bevo con il cucchiaino».
Guarda la tv, che le è stata regalata dal sindaco: «Ma non il telegiornale perché parlano troppo in fretta. Mi piacciono i film. Poi seguo la messa, ma quella di Rete 4 perché quella di Rai 1 è troppo lunga».
È la primogenita di otto: fratelli e sorelle sono tutti morti, l’ultima poco fa a 102 anni. Ha paura della morte, signora? «No. Quand la vegn la vegn. E poi prego molto». Come immagina il paradiso? «Come un posto dove si sta bene». Oggi in casa sua ci sarà una piccola festa. Ha visto dieci papi ed è nata nello stesso anno in cui nacque la Fiat.


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