Caro direttore, sono trascorsi ormai due mesi da quel 20 luglio, giorno in cui la Camera dei deputati autorizzando l’arresto ha determinato l’inizio della galera, come qualcuno in parlamento aveva invocato ancor prima del voto, per il deputato Alfonso Papa, coinvolto nell’inchiesta sulla presunta P4. Tralasciando l’eccezionalità dell’autorizzazione parlamentare per presunti reati non di sangue e di quanto sia stato evidente l’opportunismo politico dietro quella decisione degli “Onorevoli” colleghi, sottopongo alcune considerazioni, non come sorella di Papa, ma come cittadina.
Non entro nel merito delle accuse delle quali Papa, ex collega dei pm titolari dell’inchiesta, darà conto in processo, tuttavia è doveroso porsi alcune domande cui fatico a trovare risposte, visto che ieri gli si è nuovamente negata la possibilità di beneficiare degli arresti domiciliari nel silenzio della stampa impegnata a dare spazio alle acrobazie di parte della classe politica che cerca di giustificare la propria volubilità garantista o giustizialista a seconda della convenienza del caso.
A cosa serve tenere in prigione un cittadino incensurato, prima ancora che un magistrato ed un parlamentare che, se lo avesse voluto, avrebbe potuto inquinare prove o fuggire nella lunga agonia che ha preceduto la sua sospensione dalle commissioni parlamentari e dalla magistratura, nonché la sua volontaria consegna alle autorità?
I medesimi presupposti per l’applicazione di una tale misura cautelare non sono stati ravvisati anche in capo ad altre persone coinvolte nell’indagine che hanno beneficiato e godono di trattamenti diversi? Perché non consentirgli di affrontare il processo come si converrebbe stante l’evidente assenza di pericolosità sociale e pubblica? Perché non si tiene conto della dignità (a differenza di altri) testimoniata dal suo comportamento che lo hanno portato da subito a costituirsi in carcere? Che significato ha in tali fattispecie la custodia cautelare se non un’assurda forzatura dello stato di diritto?
Sono sicura che il tempo darà ragione della verità e che Papa potrà nelle sedi giuste affermare le sue ragioni ma, nel frattempo, la permanenza forzata in carcere assume sempre più le tinte fosche di un’espiazione preventiva di un presunto colpevole più che di un presunto innocente nel tentativo di colmare lo scollamento tra la gente comune e l’attuale classe politica.
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