lunedì 4 aprile 2011

Ministero per l'Immigrazione: la proposta di Allam

di Magdi Cristiano Allamda Il Giornale.it (vai all’articolo)
Il primo dicembre del 2005 incontrai Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli offrendogli la mia disponibilità ad assumere la responsabilità di un nuovo dicastero, che denominai Ministero dell’Integrazione, dell’Identità nazionale e della Cittadinanza. Al capo del governo la proposta piacque e manifestò subito la volontà di attuarla, ma si scontrò con il veto posto dall’allora ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu che, per un verso, non aveva gradito le critiche che gli avevo rivolto dalle pagine del Corriere della Sera alla sua infelice decisione di includere l’allora presidente dell’Ucoii (Unione delle Comunità e Organizzazioni islamiche in Italia), Nour Dachan, in seno alla Consulta per l’islam d’Italia e, dall’altro, non intendeva rinunciare alle prerogative del suo ministero che monopolizza il tema dell’immigrazione traducendosi in potere politico, risorse finanziarie, visibilità mediatica e poltrone da spartire.Ho scritto nel mio libro “Io amo l’Italia”, edito dalla Mondadori nel maggio del 2006, che è un errore confinare il tema dell’immigrazione al Ministero dell’Interno perché corrisponde ad appiattirlo alla dimensione della sicurezza, mentre esso si colloca nel progetto di un nuovo modello sociale che va definito in seno ad un dicastero ad hoc. La conferma della bontà della mia intuizione arrivò un anno dopo con la vittoria di Nicholas Sarkozy in Francia che ha dato vita al Ministero dell’Immigrazione, Integrazione, Identità nazionale e Sviluppo solidale.
Partendo dalla premessa che l’immigrato non è solo due braccia utili per lavorare ma una persona che si esprime nell’integralità della sua dimensione sociale, culturale, valoriale e identitaria, si comprende che l’integrazione non può non chiamare in causa principalmente la nostra concezione della persona e della società e che, pertanto, soltanto se abbiamo la consapevolezza di chi siamo potremo consentire l’adesione del prossimo al nostro modello di convivenza.
Così come prendendo atto che è umanamente impossibile che l’Italia o anche l’Europa possano accogliere le decine di milioni di disperati che in Africa, in Asia e in America Latina potrebbero vantare lo status di rifugiati perché in fuga da conflitti in atto o comunque richiedenti asilo per ragioni economiche e sociali, la sola alternativa seria e ispirata dall’autentico amore per il prossimo è di favorire il loro radicamento a casa propria prevenendo ed eliminando le cause che li obbligano a emigrare. Ecco perché lo “Sviluppo solidale” diventa organico ad una proposta che mette al centro la dignità dell’immigrato come persona, portandoci ad assumere l’impegno ad aiutarlo a casa sua affinché si auto-emancipi diventando protagonista dello sviluppo del proprio paese, mettendolo nella condizione di poter essere pienamente se stesso nella terra natia e tra i propri cari.
Ebbene di fronte al dramma umano di decine di migliaia di africani in fuga di cui gli italiani stanno affrontando le conseguenze in termini di comprensibile esasperazione di chi tra noi è direttamente coinvolto, di crescita dell’insicurezza reale e percepita tra la popolazione, di sperpero delle nostre risorse per la militarizzazione delle coste, la costituzione di nuovi centri di accoglienza e di nuovi centri di espulsione, l’ampliamento delle carceri, nonché di aggravio della spesa pubblica per le varie voci inerenti l’accoglienza anche successivamente alla fase emergenziale, dobbiamo essere capaci di assumere un’iniziativa che ci consenta di gestire questo fenomeno di portata storica e non limitarci a subirne gli effetti.
In primo luogo dobbiamo comportarci con quel senso di responsabilità che De Gasperi individuò nello statista che guarda alla prossima generazione, distinguendolo dal politico che guarda alla prossima elezione. Non possiamo continuare ad avere come unico parametro di riferimento i titoli di apertura dei telegiornali, finendo per perdere di vista la realtà sostituendola con una mistificazione politicamente orientata con la finalità di riscuotere il consenso costi quel che costi da tradursi in voti in una campagna elettorale che si consuma ininterrottamente perché si teme che il governo possa cadere da un giorno all’altro.
Tenendo presente quanto sta accadendo ritengo che sia arrivato il momento di dar vita ad un nuovo dicastero riformulato come Ministero dell’Identità nazionale, Cittadinanza, Integrazione e Sviluppo solidale. Perché il punto di partenza del percorso dell’integrazione è la consapevolezza, la certezza e l’orgoglio dei valori che sostanziano la nostra identità nazionale e delle regole che sono alla base della nostra cittadinanza. Solo se siamo certi di noi stessi potremo rapportarci in modo costruttivo con il prossimo.
In questo contesto l’integrazione deve essere concepita come un processo vincolante non facoltativo, dove a fronte del diritto accordato a venire in Italia per migliorare le proprie condizioni di vita, ci deve essere l’ottemperanza del dovere di integrarsi che significa l’obbligo di apprendere la lingua italiana ad un livello adeguato, di conoscere la nostra cultura, di rispettare le nostre leggi e le regole della civile convivenza, di condividere i valori non negoziabili che sono alla base della nostra civiltà, di partecipare agli ambiti sociali dove si attesta con i fatti che ciò che si dice e ciò in cui si crede corrisponde alle opere che si compiono.
Parallelamente lo Sviluppo solidale deve far sì che soprattutto i giovani stranieri siano incentivati a vivere a casa loro, affinché l’emigrazione, che comunque continuerà ad esserci perché è connaturata all’esistenza stessa dell’uomo, sia un’emigrazione scelta e non forzosa.
Ma dobbiamo fare in fretta. La costituzione di questo nuovo ministero è più che mai urgente sia per consolidare il nostro fronte interno facendo primeggiare una concezione dell’identità nazionale e della cittadinanza che ci unifichi e ci renda credibili e rispettabili, sia per fronteggiare con serietà e rigore la sfida più grave che incombe sul nostro popolo e sulla nostra civiltà. Teniamo presente che non ci sono scappatoie e che è finito il tempo dei politicanti. Se continueremo a mistificare la realtà edulcorandola per finalità politiche, finiremo per pagare un prezzo più alto quando prima o dopo la realtà si imporrà. Al presidente Berlusconi non mancano né il realismo né il coraggio per fare una scelta necessaria per affrontare dalla radice questa emergenza storica, dando subito vita al nuovo Ministero dell’Identità nazionale, Cittadinanza, Integrazione e Sviluppo solidale.

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